ROMA – Le Province, quei luoghi amministrativi dati troppo presto per moribondi o in via di estinzione, agiranno, a fari spenti, sulle leve fiscali di propria pertinenza, alleggerendo ulteriormente il portafogli del contribuente. A cominciare dall’aumento della quota di Rc Auto: due Province su tre hanno già deciso, in nome dello spazio di autonomia fiscale concesso agli enti locali, aumenti che arrivano fino al 16% del premio annuale. L’imposta sulla Rc Auto è un tributo proprio derivato delle province. La sua aliquota base è pari al 12,5% del premio, ma, a partire dal 2011, alle Province è stata concessa la facoltà di aumentare o diminuire l’aliquota base fino a un massimo di 3,5 punti percentuali. Portandola quindi da un minimo del 9% a un massimo del 16%. La maggioranza delle Province ha ovviamente optato per il rincaro, con l’eccezione delle “autonome” Aosta (9%), Bolzano e Trento (9,5%).
Il fatto è che i bilanci dissestati delle Province dipendono dai tributi derivanti dall’auto: settore anch’esso in crisi, quindi l’aumento dei presidenti di provincia era scontato. Scontato ma controproducente, perché la maggiore tassazione affossa ancor di più la vendita di automobili. Un circolo vizioso tra i tanti che contribuiscono alla crescita zero. Gli interventi sulla Rc Auto non sono i soli a disposizione delle Province. Altri balzelli suscettibili di aumenti, puntualmente avvenuti, riguardano le imposte provinciali, Ipt, sulle formalità di trascrizione, iscrizione, annotazione dei veicoli richieste al pubblico registro automobilistico, il famigerato Pra. Sul proprio territorio la Provincia ha la facoltà di aumentare le tariffe relative a ciascuna operazione fino a un massimo del 30%.
Non è tutto. Anche sui rifiuti solidi urbani e in generale sui servizi di tutela, protezione e igiene dell’ambiente nelle città, le Province possono aumentare di una quota variabile tra l’1 e il 5% il tributo corrispondente. Dovevano essere abolite le Province, come fra l’altro i cittadini sardi una volta interpellati hanno chiaramente fatto capire: invece, gli amministratori hanno visto solo diminuire la quota di trasferimenti statali. Per salvare i bilanci non gli è rimasto altro da fare che aumentare le tasse. Come ai sindaci con l’Imu.