Tombola! Tassi su dello 0,75% nel 2011. Europa nel labirinto dell’inflazione

di Lucio Fero
Pubblicato il 8 Marzo 2011 - 15:08 OLTRE 6 MESI FA

ROMA-Tombola! Qualcuno lo ha detto, qualcuno di grosso: il tavolo dei conti pubblici nei paesi europei può “ballare” a seguito del “calcio” che gli arriverà dall’aumento dei tassi di interesse. Aumento che può essere dello 0,75 per cento nel corso del 2011. E cosa sarà mai uno 0,75 per cento? Allo sguardo distratto e profano sembra poco, è invece un aumento del 75 per cento dell’attuale costo del denaro: i prestiti insomma, contratti da aziende e privati cittadini, da Stati e famiglie costeranno quasi il doppio. L’ha detto niente meno che Axel Weber, il Guido Carli tedesco, il presidente della Bundesbank. A Bloomberg-News che gli chiedeva di quanto stimasse possano crescere i tassi di interesse fissati dalla Banca Centrale Europea, Weber ha risposto: “A questo punto non vedo nessuna ragione per correggere le aspettative del mercato, i tassi possono passare dall’un per cento all’uno e 75 e la reale pressione sui prezzi potrebbe risultare sotto stimata anche a questa quota”. Cioè l’inflazione reale potrebbe essere ben superiore a quel 1,75 per cento.

L’inflazione, una tassa “recessiva” e punitiva nei confronti dei redditi bassi, anzi una tassa che proporzionalmente tanto più punisce i redditi quanto più sono bassi. Se il reddito è cento e l’inflazione è due, al percettore di quel reddito resta 98 per consumi e risparmi. Ma se il reddito è cinquanta, allora il due per cento di inflazione lascia a consumi e risparmi 49 e via a scendere fino a toccare il “pavimento” sotto il quale il risparmio si annulla e si contraggono consumi essenziali. E, oltre all’inflazione, il costo del denaro. Se cresce, cresce la rata dei mutui. Crescono le rate che le imprese pagano alle banche per finanziarsi. Diminuiscono quindi investimenti e occupazione e salgono i prezzi di produzione delle merci che poi vanno vendute sui mercati extra continentali. E cresce il costo al quale gli Stati piazzano sui mercati finanziari i loro titoli “sovrani”, insomma i Bot e Btp nella versione italiana. Non bastasse, l’Irlanda fresca di nuovo governo vuole ricontrattare le condizioni del prestito ricevuto dall’Europa, dichiara di non farcela a pagare con i tassi di interesse finora pattuiti. E i titoli di Stato della Grecia decennali vengono piazzati a un tasso di rendimento quasi da roulette: il 12,48 per cento. Quasi il livello dei giorni in cui la Grecia era a un passo dal default, cioè dalla impossibilità di pagare i suoi debiti.

Insomma è un assedio: torna il rischio sui debito “sovrani”, cioè degli Stati. Rischio che non paghino tutto e nei tempi previsti. Rischio finora tenuto a bada con prestiti europei ma anche e soprattutto con i tassi bassissimi, all’un per cento, della Bce. Ma tenerli così bassi non si può più perché l’inflazione ha già doppiato quel livello di tasso e se continua così comincia a mangiarsi la carne viva dei redditi e dei consumi. Ma se alzi a tassi a fermar l’inflazione, allora freni capitale, lavoro e impresa. Un assedio, un labirinto. Su cui cala la “tombola” di quello 0,75 per cento che sembra un granello ma è una montagna.