ROMA, 17 MAR – Dopo aver già subito, secondo una prima stima fornita da IHS Global Insight, una perdita produttiva globale di circa 250 mila vetture a causa della forzata sospensione degli impianti di assemblaggio a seguito del disastroso sisma che ha colpito il Giappone, i costruttori domestici di automobili si trovano costretti a prolungare i tempi di chiusura.
Oltre all’allarme nucleare, l’incognita maggiore con cui si trovano a fare i conti è quella del blackout elettrico a rotazione deciso dalle autorità giapponesi nelle zone colpite dal sisma, che ovviamente impedisce la normale attività degli impianti. Inoltre, occorre fare un inventario sulle scorte di parti auto e altre materie prime, senza cui sarebbe inutile riavviare gli impianti.
In questo scenario, la Toyota ha comunicato giovedì 17 marzo l’estensione dello stop produttivo fino al 22 marzo dei suoi impianti e di quelli delle sue sussidiarie. Anche Suzuki ha esteso la chiusura ai suoi impianti di Kosai, Iwata, Toyokawa e Sagara fino al 21 marzo. La compagnia ha anche esteso la chiusura all’impianto fonderia di Osuka e all’impianto di Takatsuka, che assembla motori per i veicoli a due ruote.
Nissan allo stesso tempo ha deciso di estendere la sospensione delle operazioni agli impianti di Oppama, Tochigi, Nissan Shatai e Yokohama fino al 20 marzo, mentre ha riattivato oggi la produzione a Kyushu e Nissan Shatai Kyushu e intende mantenerla anche domani, fino ad esaurimento scorte. In ogni caso la Nissan deciderà se continuare a mantenere aperti questi due impianti il 19 marzo, dopo avere analizzato la situazione.
Il problema più grave da risolvere è quello delle scorte di componenti, visto che alcune tra le principali fabbriche di parti auto risiedono proprio a nord del Giappone, ovvero nella zona più colpita dal sisma. Per questo motivo Toyota ha deciso di far ripartire oggi la produzione in 7 stabilimenti che fabbricano componenti auto e sta pensando di ripristinare dal 21 marzo le attività destinate a fornire componenti per gli impianti di assemblaggio all’estero.
La casa nipponica assicura comunque di avere scorte necessarie per circa 6 settimane di normale produzione. Ovviamente – rileva Global Insight – se la sospensione della produzione negli stabilimenti di assemblaggio nipponici dovesse prolungarsi per mancanza di parti auto, questo potrebbe alla lunga favorire i concorrenti dei costruttori giapponesi, sia sul mercato domestico ma, soprattutto negli Stati Uniti.
Infatti, mentre la maggior parte dei veicoli giapponesi venduti in Europa sono costruiti localmente, molti di quelli destinati agli Usa vengono prodotti in Giappone, così come gran parte delle componenti utilizzate. Secondo Global Insight, nel 2010 gli Usa hanno importato dal Giappone veicoli e parti auto per 46 miliardi di dollari, di cui 32 miliardi automobili e 14 miliardi componenti.