TERNI – ThyssenKrupp taglia 550 posti di lavoro nello stabilimento Ast di Terni. Lo prevede il nuovo piano industriale presentato giovedì 17 luglio. Un piano che prevede una riduzione di costi in tutte le aree (operative, strutturali, vendita e organico) di oltre 100 milioni di euro l’anno e un ridimensionamento del personale di circa 550 dipendenti. E’ prevista anche una chiusura del secondo forno entro il 2015-16.
Per i vertici di ThyssenKrupp il piano industriale mira ad un “rilancio dell’azienda come player sostenibile nell’industria dell’acciaio inossidabile”. Per il governo si tratta di un quadro “irricevibile”. E i sindacati hanno proclamato per venerdì 18 luglio 8 ore di sciopero.
“Così com’è il piano proprio non va”, scrive nero su bianco il governo in un comunicato che chiede una revisione. Come chiesto dal vice ministro allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, già lunedì partirà comunque un confronto tra l’azienda e le organizzazioni dei lavoratori a tutto campo e “senza pregiudiziali da parte di nessuno”.
Ad illustrare il piano, prima a Palazzo Chigi con il sottosegretario Graziano Delrio e il ministro Federica Guidi, e poi al ministero, sono stati i vertici della Thyssen che nei mesi scorsi ha riacquisito lo stabilimento (fondato nel 1884) dopo averlo ceduto nel 2012 ai finlandesi di Outokumpu.
La multinazionale è stata rappresentata dal ceo di Tk business area meterials Joachim Limberg e dal nuovo amministratore delegato di Ast Lucia Morselli.
Negli ultimi anni, ha quindi spiegato l’azienda in una nota, Ast “ha attraversato un periodo difficile”. E’ stato quindi deciso di intraprendere un “piano di azione strategico globale, in grado di ristabilire la profittabilità sostenibile dell’azienda, nonostante il difficile quadro del mercato caratterizzato da un’esistente sovraccapacità”. Un piano che però secondo il Governo “è da rivedere nei punti centrali perché manca di prospettiva. Non lascia cioè intravedere quale possa essere il futuro delle Acciaierie”.
Di piano “inaccettabile”, “irricevibile”, parlano Cgil, Cisl e Uil, con le sigle dei metalmeccanici, così come tutte le altre organizzazioni sindacali. Qualcuno già ricorda la difficile vertenza del 2004, sempre con la Tk, che portò alla chiusura del reparto per la produzione dell’acciaio magnetico.