Un nuovo RdC, ma attraverso aiuti regionali: ecco la risposta delle amministrazioni locali ai limiti sulla politica assistenziale del Governo.
Fra i primi provvedimenti portati a termine dal Governo Meloni, dopo l’insediamento di ottobre 2022, c’è stato quello che ha portato all’eliminazione del reddito di cittadinanza. Con la legge di bilancio 2023, così come stabilito dall’art. 1, comma 318, l’esecutivo impose che a partire dal primo settembre 2023, il reddito di cittadinanza sarebbe stato erogato solamente alle famiglie con al proprio interno persone disabili o ultrasessantenni, per poi essere abolito del tutto a partire dal gennaio 2024.
Con un decreto presentato a maggio 2023 e poi convertito in legge, con modifiche, dalla norma del 3 luglio 2023, n° 85, il Governo Meloni ha istituito due misure alternative all’RdC: l’assegno di inclusione e il supporto alla formazione e al lavoro.
Attraverso queste due nuove misure l’esecutivo ha immaginato che fosse possibile incentivare l’ingresso nel mercato del lavoro con aiuti più mirati e finalizzati non alla pura assistenza ma all’inclusione sociale attraverso la formazione. Per sostenere i più fragili, il sostegno economico è rimasto in vigore in forma depotenziata e solo per disabili, over 60 e famiglie con minori a carico.
La cancellazione dell’RdC è coerente rispetto a un presupposto ideologico spesso ripetuto da Giorgia Meloni: chi è in grado di lavorare non può continuare ad aspettarsi un sussidio dallo Stato. Tantissime famiglie si sentono però oggi abbandonate a sé stesse, non potendo percepire l’assegno di inclusione né trovare un reddito da lavoro. Anche secondo l’ISTAT, con la cancellazione del RdC, le disparità sociali in Italia sono aumentate.
La misura, che era stata introdotta per sostenere le famiglie a basso reddito, aveva in effetti avuto un impatto significativo sulla riduzione delle disuguaglianze economiche. Al di là dei problemi burocratici, dell’enorme peso per le casse dello Stato e delle difficoltà nella gestione del diritto alla percezione del beneficio, il Reddito di cittadinanza aveva aiutato tante persone a vivere più dignitosamente.
La sua cancellazione ha dunque già comportato un aumento delle difficoltà economiche per le fasce più deboli della popolazione. L’assegno di inclusione, che ha un bacino di beneficiari assai più ristretto, non appare come una misura adeguata per risolvere il problema dell’indigenza o della povertà comune a tanti contribuenti italiani.
Ci sono tuttavia delle alternative regionali all’assegno di inclusione: misure che sotto diversi aspetti richiamano da vicino l’ex RdC. Il punto, però, è che solo due Regioni italiane riescono a offrire forme di sostegno simili a quello che fu il reddito di cittadinanza o integrazioni (o alternative) all’assegno di inclusione. Sono la Sardegna con il REIS e la Puglia con il RED.
Il REIS (reddito di inclusione sociale) è la misura di sostegno voluta dalla Regione Sardegna per aiutare economicamente le famiglie che non riescono ad accedere all’assegno di inclusione. Per ottenere l’aiuto bisogna avere un ISEE fino a 12.000 euro, e poi presentare un ISRE, che è un componente reddituale dell’ISEE, pari o inferiore a 6.000 euro: in pratica il sussidio arriva a chi guadagna massimo 500 euro al mese.
Grazie a questo aiuto si possono ottenere fino a 17.000 euro circa all’anno. Il minimo, invece, è 6.000 euro. La misura spetta solo per dodici mesi, e l’importo aumento in base al numero di componenti presenti nel nucleo. Il RED pugliese è invece un sussidio da 500 euro al mese.
L’aiuto è richiedibile dai single con un ISEE fino a 9.360 euro e un patrimonio immobiliare non superiore a 30.000 euro. Se la richiesta arriva da una famiglia, la soglia ISEE si alza a 20.000 euro. Ma non sembra molto scontato che l’aiuto sia riproposto anche l’anno prossimo: mancano i fondi.
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