Tremonti, Equitalia, Comuni: lo scaricabarile su ganasce, ipoteche e pignoramenti

ROMA – Un milione seicentomila preavvisi di fermo e 577mila fermi effettuati. Quattrocentocinquantamila ipoteche iscritte dal 2007 al 2010 ed ancora in vita, escluse quindi quelle per cui è avvenuta la cancellazione, 135mila nuove ipoteche solo lo scorso anno. Undicimilacentottantanove pignoramenti immobiliari, erano poco più di 8700 nel 2007. Tre milioni quattrocentomila solleciti inviati dall’agente della riscossione ai contribuenti in posizione di debito, 21% in più rispetto al 2009. Pagare i propri debiti con lo Stato è un dovere, ma c’è modo e modo verrebbe da dire. Equitalia, società pubblica nata nel 2006 e che ha il compito di recuperare i crediti che lo Stato vanta nei confronti dei cittadini, spesso, troppo spesso, ricorre a metodi vessatori. Non c’è proporzione tra la forza che l’esattore può esercitare e le difese che il contribuente può utilizzare.

Iniziava così un pezzo apparso su blitzquotidiano il 17 maggio scorso e che raccontava un modus operandi vessatorio da parte di Equitalia nei confronti dei cittadini debitori. A denunciare il modo di fare delle agenzie di recupero crediti sono state in primis le associazioni dei consumatori. Denunce a cui sono seguite poi vere e proprie proteste, anche di piazza, e che trovano oggi una sponda inaspettata: quella del ministro delle finanze Giulio Tremonti. Dopo aver denunciato l’oppressione di cui sono vittime le imprese il ministro dell’Economia è passato ora all’attacco annunciando nuove misure a tutela di chi cade tra le maglie della riscossione di Equitalia. C’è un “eccesso di applicazione” delle ganasce fiscali, ha detto Tremonti in occasione del decennale della nascita delle agenzie fiscali, ma ha precisato che sono forme di esecuzione “fatte per conto dei Comuni e poi la colpa ricade sullo Stato”. Così come sono troppo elevati gli interessi sulle sanzioni – ha osservato il ministro – che “ricordano da vicino l’anatocismo”, ovvero la pratica tutta bancaria che prevede il calcolo degli interessi sugli interessi in caso di rateizzazione. Questo sistema, ha aggiunto il titolare di Via Venti Settembre, “non porta rigore ma solo discredito”.

Per il ministro dell’Economia è arrivato il dunque momento di correggere alcune storture del sistema fiscale italiano. “Meno ganasce, meno interessi passivi addebitati e un sistema più vicino alla condizione reale di tanti cittadini italiani”, ha sintetizzato. Sul tema delle “vessazioni” che colpiscono i contribuenti e sul tema delle “ganasce fiscali” è intervenuto anche il direttore dell’Agenzia delle entrate Attilio Befera. “Molti problemi” relativi ai fermi amministrativi, ha spiegato, “arrivano dai Comuni che, di fronte all’efficienza di Equitalia, non si sono adeguati” e quindi non comunicano tempestivamente le nuove situazioni dei contribuenti che farebbero decadere l’applicazione dei fermi. Befera che poco più di un mese fa si era limitato a dire, in un’audizione alla Camera, che “accade spesso che l’attività posta in essere dalle società del gruppo Equitalia sia soggetta a critiche”.

Ministro e direttore dell’Agenzia dell’Entrate che si nascondono in parte dietro l’inefficienza, o comunque l’intempestività di comunicazione, degli enti locali, ma che ora riconoscono che il problema esiste e va affrontato.

Se il problema fosse solo quello della difficoltà di comunicazione tra enti locali, agenzia delle entrate, tribunali etc la soluzione sarebbe relativamente semplice. Basterebbe sfruttare la tecnologia per far si che una decisione presa dal tribunale di Rieti, ad esempio, non impieghi un anno ad essere recepita dal comune di Roma e viceversa. Hanno ragione Tremonti e Befera a puntare il dito contro questa difficoltà di comunicazione tutta a scapito dei cittadini. Ma questo è solo un aspetto della questione.

Nel pezzo del 17 maggio venivano individuate cinque criticità, cinque punti particolarmente dolenti, che trasformavano il diritto dello Stato di rientrare dei proprio crediti in un comportamento vessatorio di Equitalia nei confronti dei cittadini. Ipoteche, pignoramenti dei conti, blocco dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, fermo amministrativo e udienze concesse con tempi lunghissimi. E anche su queste cinque pratiche devono intervenire il ministro ed Equitalia stessa se vogliono riformare il sistema. Non solo sulla capacità di comunicare tra le varie “parti”dello Stato.

Innanzitutto le ipoteche, nota dolentissima del rapporto Equitalia cittadini. Non è pensabile che per un debito di poche migliaia di euro possa essere ipotecato un bene immobile dal valore decine se non centinaia di volte più grande. Deve esserci una proporzione tra il debito e il bene “attaccato”. E soprattutto deve esserci comunicazione. Nonostante le smentite di Equitalia ci sono decine di storie di cittadini che si sono ritrovati la casa ipotecata, con tutte le conseguenze del caso, senza saperne nulla. Equitalia, il creditore, prima di fare un passo simile deve comunicare al cittadino le proprie intenzioni, per avvertirlo e per dargli la possibilità di mettersi in regola. Se questa comunicazione non c’è Equitalia deve essere sanzionata, punita per il suo comportamento scorretto.

Discorso simile per il pignoramento dei conti. Non si possono bloccare per tempi eterni i conti correnti dei cittadini, a volte impedendo persino il pagamento del debito. Il cittadino debitore va avvisato, e magari si può persino pensare ad un prelievo forzoso laddove sia dimostrata la capacità economica del contribuente inadempiente. Ma non si può costringere il cittadino a diventare ostaggio di pratiche perse e confuse tra banche, uffici dell’agenzia delle entrate e tribunali. Semplificazione, una parola tanto amata da questo Governo, che non ha però riscontri pratici nella vita quotidiana. Semplificazione e omogeneità di trattamento. Non si capisce perché infatti se un cittadino non paga una multa dopo alcuni mesi arriva una nuova multa moltiplicata nel valore e, in breve, si rischia l’ipoteca, il fermo della macchina eccetera e, invece, lo Stato impiega mesi a pagare i propri debiti, senza sanzioni. La disparità di trattamento che lo Stato riserva ai cittadini quando è creditore rispetto a quella che concede a se stesso quando veste i panni di debitore è intollerabile e rende i controlli fiscali viepiù indigesti. Dovrebbe, ed è banale dirlo, essere lo Stato un buon esempio. Discorso che tocca in pieno il punto del blocco dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione.

Per quanto riguarda infine gli ultimi due punti, il blocco amministrativo e le udienze concesse con tempi biblici, bisogna dar ragione a Tremonti. A difettare qui è soprattutto la comunicazione. Ma a pagare questo difetto dello Stato, perché non è mai il cittadino che non comunica o che fissa udienze con tempi non da agenda ma, nel migliore dei casi, da calendario, deve essere lo Stato stesso.

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