Dall’atto di precetto al pignoramento: l’analisi dei tempi a disposizione del debitore per evitare guai davvero seri.
Debiti non pagati, cartelle esattoriali ignorate, problemi nella gestione di mutui e finanziamenti possono dare origine a ingiunzioni formali come il pignoramento. La legge italiana (secondo quanto stabilito dall’art. 480 del Codice di Procedura Penale) permette infatti ai creditori di poter recuperare ciò che è a loro dovuto laddove un giudice o un ufficiale giudiziario dia il via libera al blocco dei beni del debitore.
Ma prima del pignoramento, c’è sempre il precetto, ovvero un atto giudiziario che il creditore deve notificare al debitore prima di procedere con altre ingiunzioni. In sostanza, il precetto può essere interpretato come un’intimazione di pagamento che concede al debitore un po’ di tempo per poter risolvere il sospeso, ovvero per adempiere spontaneamente alla restituzione dei crediti richiesti.
Il termine stabilito da questo atto è di dieci giorni. Di conseguenza, se il debitore non paga entro questo tempo, il creditore è autorizzato a procedere con il pignoramento dei suoi beni. Il precetto è però un passaggio obbligatorio e va notificato tramite un ufficiale giudiziario. Se non c’è notifica dell’atto, ogni azione esecutiva successiva può essere impugnata come illegittima.
Ma cosa succede di preciso dopo la notifica del precetto e cosa può fare il debitore per evitare il pignoramento? Come anticipato, dopo la notifica del precetto, il debitore si trova di fronte a un termine stringente e vincolato di dieci giorni per adempiere all’obbligo di pagamento. E se non riesce a pagare, dà modo al creditore di procedere con il pignoramento. Pignorare, però, significa bloccare, non prendere.
Il pignoramento è infatti l’ingiunzione attraverso si impone al debitore di non sottrarre dal proprio patrimonio i beni ormai assoggettati a espropriazione. E, se anche dopo il pignoramento il debitore continua a non pagare, il creditore può quindi procedere con la vendita forzata dei beni pignorati in modo da recuperare il credito.
Dopo il precetto il debitore ha modo di difendersi con l’opposizione al precetto. Si tratta di un procedimento legale che consente a chi dovrebbe pagare di contestare la notifica. L’opposizione può essere presentata se il debitore ha già pagato il debito o se c’è discrepanza tra la somma indicata nel precetto e quella effettivamente dovuta. Ci si può opporre anche in base alla prescrizione del titolo esecutivo o in presenza di vizi formali nella notifica del precetto o nella documentazione allegata.
Capita anche l’opposizione avvenga se il debito è a carico di un erede che ha rifiutato l’eredità. La legge italiana permette infatti all’erede di rinunciare all’eredità nel caso in cui essa sia grava da debiti. In questo caso i debiti decadono. Ci sono varie tipologie di opposizione. Si parte con quella agli atti esecutivi, nel caso in cui si debba procedere con una contestazione formale dovuta a errori o irregolarità. Tale opposizione va presentata al giudice delle esecuzioni entro venti giorni dalla notifica del precetto. In questo senso, è già possibile ritardare l’arrivo del pignoramento.
L’opposizione è la contestazione di merito contro il credito stesso. Ma in questo caso il debitore deve chiarire dinanzi al giudice i motivi dell’opposizione e fornire una chiara esposizione delle ragioni per cui si contesta la richiesta di pagamento. Poi, se il giudice accoglie l’opposizione, il precetto viene annullato o modificato. In caso di opposizione respinta, il debitore dovrà adempiere al pagamento richiesto o subire il pignoramento.
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