L’importante è non pagare, anche il cane di Vasco Rossi è intestato a una società

Vasco Rossi

Trucchi, trucchetti insomma in Italia se ne inventano di tutti i colori per non pagare. E Vasco Rossi lo sa bene: “Anche il mio cane è intestato a una società, perché se morde qualcuno si pagano giustamente i danni, ma si evita che qualcuno possa approfittarsene”. Il rocker italiano ha rivelato questo trucchetto commentando la frode legata al suo mega yacht Jamaica intestato a una società, di cui il cantante ne possiede il 90%.

Una “cautela” dice Vasco per mettere “un limite a eventuali ritorsioni contro la mia persona fisica per eventuali danni causati dalla barca o dall’equipaggio a terzi”. Ma per quanto riguarda il cane è difficile comprendere la differenza fra essere morsi dal cane di Vasco Rossi piuttosto che dal cane della società di Vasco Rossi. Ma se la società della barca (in leasing) si chiama “Giamaica no problem” ci sarà pure un motivo. Anche perché Vasco non è il solo a pensarla così. Sono migliaia e migliaia le società a cui i proprietari intestano yacht e natanti.

“Un cambiamento del modello culturale che ha favorito l’evasione”, ha spiegato il direttore dell’Agenzia delle entrate Attilio Befera, uno stratagemma insomma “per limitare i danni patrimoniali”. E Vasco è solo uno tra i tanti che la pensa così.  Sono migliaia e migliaia le società a cui i proprietari intestano yacht e natanti.

Il nocciolo è che sono tutte ditte di charter con un solo cliente, guarda caso il loro azionista. In italiano si chiamano società di comodo e non servono soltanto a pagare meno tasse sulla barca, ma a far scomparire lo yacht dai radar del fisco nel caso di accertamenti personali. Se l’Agenzia delle entrate mette il naso nella tua denuncia dei redditi, scoprirà che non hai un motoscafo da un milione di euro, ma una società di charter del capitale di 10 mila euro. Per giunta in perdita.

E le charter sono dei grossi contenitori capaci di custodire di tutto e di più: dalla villa al mare al casale in campagna agli appartamenti in città, fino alle fuoriserie come Ferrari, Porsche, Audi, Mercedes, Bmw, Lamborghini e Suv. Tutte guarda caso auto aziendali. Anche in questo caso non per risparmiare sulle tasse della macchina, ma perché non figuri nella denuncia dei redditi. A uno schermo societario, in Italia, non rinuncia nessuno: diversamente non sarebbero in perdita quasi metà (per l’esattezza il 45%) delle società di capitali.

Ma c’è dell’altro. I trucchetti invadono anche le srl e le spa e società fiduciaria, dove mettere azioni e non avere problemi. I dividendi invece vanno all’estero in paese dell’Ue come Lussemburgo. Ma i veri artisti sono quelli che per il Fisco non esistono nemmeno. Una volta scoprirono una donna, a Pavia, che per anni aveva gestito una casa di riposo per anziani totalmente abusiva. Interrogato dal giudice che sta indagando sulla vicenda della cosiddetta P3, il “faccendiere” Flavio Carboni ha dichiarato senza fare una piega di non possedere beni patrimoniali avendone comunque la disponibilità. Tecnicamente è possibile.

Ma quando si scopre che dall’anno di imposta 2002 non ha più presentato una dichiarazione dei redditi, come i poveri, allora non si può davvero trattenere la sorpresa. Non c’è dubbio che l’evasione fiscale in Italia sia anche una questione culturale.

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