Ue: gli swap nel mirino dell’antitrust

BRUXELLES – Il mercato dei Credit default swap (Cds) finisce nel mirino dell’antitrust Ue. La Commissione europea ha infatti deciso di avviare due indagini nei confronti di praticamente tutte le principale banche d’investimento internazionali, della società Markit e della clearing house Ice per verificare se sono state violate le regole della concorrenza.

La prima inchiesta aperta, si legge in una nota di Bruxelles, riguarda l’ipotesi di “accesso privilegiato” alle informazioni di Markit, società leader nel suo settore, sulle transazioni nel mercato dei Cds da parte di 16 banche d’investimento. Decine le banche finite nel mirino dell’antitrust: JP Morgan, Bank of America Merrill Lynch, Barclays, BNP Paribas, Citigroup, Commerzbank, Crédit Suisse First Boston, Deutsche Bank, Goldman Sachs, HSBC, Morgan Stanley, Royal Bank of Scotland, UBS, Wells Fargo Bank/Wachovia, Credit Agricole and Societé Generale. L’altra inchiesta riguarda invece i rapporti tra la clearing house leader per i Cds, la Ice Clear Europe, e nove banche (Bank of America Corporation, Barclays Bank plc, Citigroup Inc, Crédit Suisse Group AG, Deutsche Bank AG, Goldman Sachs Group, Inc., JP Morgan Chase & Co, Morgan Stanley and UBS AG).

Il sospetto della Commissione è che Ice avrebbe praticato alle banche tariffe preferenziali vincolandole così all’utilizzo dei suoi servizi, e questo a discapito della concorrenza. “Recenti sviluppi – ha sottolineato il commissario Ue per la concorrenza Joaquin Almunia nell’annunciare le due inchieste – hanno indicato che gli scambi” dei Cds “hanno registrato numerose inefficienze che non possono essere risolte solo attraverso interventi normativi”.

La mancanza di trasparenza sui mercati “può portare a comportamenti scorretti e facilitare violazioni delle regole della concorrenza; la Commissione – ha detto ancora Almunia – deve quindi reagire di conseguenza. Spero che le nostre inchieste contribuiscano a un miglior funzionamento dei mercati finanziari e a una più solida ripresa”.

Proprio nella mattinata di venerdì 29 aprile sul Sole 24 Ore Isabella Bufacchi ha scritto di un allarme swap da 2500 miliardi. “L’Isda, associazione mondiale degli operatori in derivati – scrive la Bufacchi – stima che dopo il netting (il rischio di credito di questi contratti è pari a 3.600 miliardi di dollari, 2.430 miliardi di euro. Tenuto conto che il 70% dei derivati fuoriborsa tra istituzioni finanziarie è garantito da attivi collaterali, il rischio di credito di swap e affini è quantificato in 1.100 miliardi di dollari, circa 750 miliardi di euro: pari alla somma del default di Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna”.

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