Il Governo spinge per il “salvagente” che aiuta a raggiungere la pensione anche coloro che non possono contare su abbastanza contributi.
Anche quest’anno ci si aspettava dal Governo l’introduzione di una nuova misura volta ad supportare chi non riesce a godere di contributi bastevoli per la pensione. Un “salvagente” destinato a coloro che si trovano in difficoltà nel raggiungere i requisiti contributivi minimi per lasciare il lavoro.
L’Italia è piena di lavoratori con carriere discontinue. Precari che hanno alternato periodi di disoccupazione a impieghi part-time o a tempo determinato, e non sono riusciti a versare contributi in modo continuativo. Ci sono poi tantissime donne che sono state penalizzate dovendo stoppare carriere per motivi familiari, come la maternità, per esempio, o la cura dei familiari. E poi ci sono gli autonomi che non sempre riescono a versare contributi regolari, soprattutto a causa di fluttuazioni nel reddito.
La normativa vigente già prevede la possibilità che i lavoratori possano versare contributi volontari tramite alcune agevolazioni fiscali o, in casi particolari, possano accedere a fondi di solidarietà che coprono i periodi scoperti. Il problema è che per accedere a tali supporti e raggiungere i requisiti minimi per la pensione bisogna versare in condizioni piuttosto disperate. Ecco perché con la nuova manovra, però, si vorrebbe puntare su un’altra soluzione-salvagente per chi non ha abbastanza contributi.
Le novità in tema previdenziale della nuova legge di bilancio hanno fatto discutere soprattutto per ciò che concerne le pensioni minime. Dopo le promesse dei partiti di maggioranza, i trattamenti che riguardano oltre 1,8 milioni di pensionati che percepiscono 614,77 euro dovrebbero aumentare di soli 3 euro. Il disegno di legge di bilancio prevede che la rivalutazione per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo sarà infatti del 2,2% nel 2025 e dell’1,3% nel 2026. L’assegno dovrebbe dunque arrivare a un massimo di 617,9 euro mensili, circa 3 euro in più degli attuali 614,77 euro.
La manovra dovrebbe poi confermare le regole previste a partire da quest’anno per l’accesso all’APE sociale, a Opzione donna e a Quota 103. Anche se per quest’ultima misura si parla di un irrigidimento dei requisiti. Nella fattispecie: allungamento delle finestre mobili e calcolo interamente contributivo per l’assegno con limite di quattro volte il trattamento minimo fino all’arrivo all’età di vecchiaia.
Il dato forse più interessante riguarda tuttavia l’ipotesi per fare arrivare alla pensione chi ha raggiunto i sessantasette anni di età ma non ha versato abbastanza contributi (a partire dal 1996, quindi interamente nel calcolo contributivo). Per farlo si potrebbero sfruttare i fondi integrativi alimentati con il TFR. Ed è così, dunque, che il Governo pensa sia possibile consentire a coloro che non hanno raggiunto l’importo dell’assegno sociale con il sistema contributivo di arrivare alla pensione di vecchiaia a sessantasette anni. Una misura che riguarderà però pochi lavoratori. Difficilmente, infatti, chi percepisce uno stipendio basso può permettersi una pensione integrativa.
Dopo che la Ragioneria dello Stato ha fatto capire che l’ipotesi non sembrava attuabile, è caduta la suggestione di sfruttare il TFR versato nei fondi pensione per anticipar la pensione a sessantaquattro anni per ottenere un assegno pensionistico pari ad almeno tre volte l’assegno sociale.
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