Unicredit, fondo kazako smentisce: “Non abbiamo il 5%”. Giallo Blackrock

MILANO – Il fondo kazako Samruk Kazyna non ha il 5% di Unicredit. E’ quanto si apprende dopo le indiscrezioni del Giornale sull’acquisto da parte del fondo sovrano del Kazakistan, Samruk Kazyna Fund, di una quota poco inferiore al 5% di Unicredit. “In ogni caso – viene fatto notare in una nota della Banca d’Italia – sotto la soglia del 5% non sussiste alcun obbligo al riguardo”.

La smentita del fondo kazako a quanto scritto dal Giornale giunge da una portavoce del fondo, contattata dall’Ansa, che ha ribadito come l’articolo a pagina 25 del quotidiano ”non corrisponde ai fatti”. L’informazione, aggiunge, è ”falsa” e il fondo chiederà una rettifica.

Resta comunque positivo il trend di Unicredit che, al terzo giorno dell’aumento di capitale, ha incassato il sì dai due soci storici, Cassamarca e Manodori, e ha archiviato una nuova seduta in Borsa in rialzo (+5,53% a 2,55 euro le azioni, +36,47% a 1,16 euro i diritti). Mentre il presidente dell’Eba, Andrea Enria, ha sottolineato che al termine dell’operazione l’istituto sarà “molto più forte, capace di sostenere l’economia” e “avrà passato il guado”. Intanto la Consob ha aperto accertamenti sulle manovre del fondo BlackRock.

Il fondo Usa ha prima comunicato di essersi diluito sotto la soglia rilevante del 2% poi, a distanza di una decina di giorni, ha rettificato sostenendo che la propria partecipazione è invariata al 3,09%. Un giallo su cui si è acceso il faro della Cosob che vuole vederci chiaro e ricostruire le dinamiche che hanno portato a fornire al mercato un’informazione poi rivelatasi errata.

BlackRock, azionista di lungo corso in Unicredit ma che non ha alcun rappresentante nel board, ha comunicato oggi su richiesta della stessa Consob che al 28 dicembre aveva una partecipazione aggregata del 3,09% e che la notificazione all’Autorità, pubblicata il 2 gennaio sul suo sito internet e indicante una riduzione all’1,71%, “non avrebbe dovuto essere effettuata in quanto derivante da una operazione societaria e non da una riduzione della partecipazione detenuta a livello aggregato”. Una precisazione che non chiarisce del tutto la vicenda che, peraltro, dovrà essere analizzata anche alla luce della normativa comunitaria in materia di abusi di mercato.

Nel frattempo continuano a chiarirsi le posizioni delle fondazioni. Gli organi della Manodori, convocati d’urgenza in seguito all’andamento delle quotazioni dei diritti di opzione, hanno confermato l’adesione parziale. L’ente si diluirà così allo 0,5% dall’attuale 0,79 per cento. L’operazione sarà perfezionata entro il 27 gennaio. E ha sciolto le riserve anche Cassamarca, tra le più critiche alla nuova ricapitalizzazione. La fondazione trevigiana aderirà per l’intera quota che detiene (0,7%) ma avrà bisogno del finanziamento di SocGen, attraverso un meccanismo di opzioni fissato su precisi margini di oscillazione del titolo.

Resta l’impressione che i 7,5 miliardi che Unicredit si è assicurato con questo aumento di capitale siano raccolti a spese della categoria più debole degli azionisti della banca, cioè i piccoli. A favore dei più forti e dei nuovi azionisti. 

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