Unicredit: Profumo a un passo dalle dimissioni. Paga la “questione libica”

Pubblicato il 20 Settembre 2010 - 20:33 OLTRE 6 MESI FA

L’amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, sarebbe in procinto di rassegnare le dimissioni. Secondo quanto riportato dall’agenzia Radiocor, il consiglio di amministrazione straordinario convocato per martedì alle ore 18, ratificherà la sua uscita. Il presidente Dieter Rampl è il nome più probabile per garantire il periodo di transizione nella ricerca di un nuovo capo operativo a guida della banca.

Nell’interim il presidente dovrebbe essere supportato dai quattro manager attualmente al vertice del gruppo (Roberto Nicastro, Paolo Fiorentino, Federico Ghizzoni, Sergio Ermotti). Rampl è stato infatti riconosciuto come un interlocutore affidabile da un nucleo compatto di soci, privati, fondazioni e tedeschi, che da mesi chiedono una dialettica diversa con il vertice operativo della banca.

Bisognerà comunque aspettare l’esito del cda: l’amministratore delegato dato per uscente potrebbe ancora dare battaglia anche se al momento l’ipotesi più accreditata resta quella di una sua giubilazione.

Per il dopo “Mr. Arrogance”, così il sito Dagospia chiama Profumo, ci sono anche i nomi di Giampiero Auletta Armenise, Fabio Gallia e Claudio Costamagna. Il ruolo di Rampl risulterebbe transitorio anche se per l’assetto definitivo non c’è alcuna fretta, né stanno maturando candidature estere. Di sicuro il presidente, aggiunge Radiocor, negli ultimi giorni ha preparato il passaggio delle consegne confermando accordi blindati con i grandi azionisti del gruppo.

Si tratta, oltre alle fondazioni Cariverona, Crt e Carimonte, di azionisti del calibro di Allianz, Maramotti, Pesenti, pronti a far sentire la propria voce in un passaggio cruciale per la banca di cui sono azionisti stabili.

Il Consiglio di amministrazione straordinario con all’ordine del giorno i rapporti con il top management si svolgerà martedì alle ore 18. Sul tavolo l’operato di Profumo e il caso Libia. Fonti vicine ai soci sottolineano che i grandi azionisti sono impegnati a mantenere indipendente la banca, senza le interferenze dei libici.

Profumo si è più volte difeso dicendo di non aver sollecitato lui la crescita dei libici. Questi ultimi ora, se si sommano le quote in mano alla Banca Centrale del Paese nordafricano (4,988%) e la Lybian investment authority (2,594%), hanno più del 7,5% del capitale della gruppo italiano.

L’avanzata del governo libico attraverso la sua banca centrale nell’azionariato del gruppo, avanzata che ne ha fatto il primo socio dell’istituto di credito, ora è stata anche certificata: l’ufficializzazione della notizia, anticipata nei giorni scorsi da indiscrezioni di stampa, arriva dalla Consob, che ne dà notizia tra le comunicazioni relative alle partecipazioni rilevanti.

Il nodo da sciogliere è se i due soggetti sono indipendenti l’uno dall’altro o collegati al punto da far scattare il limite statutario al diritto di voto in assemblea del 5%.

In una nota la Central Bank of Lybia (CBL) ha dichiarato di essere un’istituzione indipendente e che le operazioni sono decise dal board, composto per la maggioranza da persone indipendenti e non provenienti dal settore pubblico. L’istituto si è anche detto “estremamente soddisfatto” dell’investimento in Unicredit che risponde a una logica di lungo termine e delle relazioni con le autorità italiane.

Il senatore Elio Lannutti, Capogruppo dell’Idv in Commissione Finanze e Tesoro ha attaccato: ”Il coinvolgimento di Alessandro Profumo nella scalata a Unicredit di Gheddafi è innegabile, come l’Idv aveva già denunciato. L’ad di Unicredit dovrebbe avere il buongusto di dimettersi prima di essere giustamente denunciato per ignavia. E intanto, il ministro Frattini continua a spalleggiare la minaccia del dittatore libico sui 5 miliardi di euro fatta all’Unione Europea”.