ROMA – Dopo la casa, la laurea: negli Stati Uniti sta per scoppiare un’altra bolla, in questo caso per colpa dell’eccessivo ricorso al credito per finanziare gli studi nelle costose università americane. Lo stesso Obama, che già l’anno scorso aveva ridotto gli oneri dei prestiti e posto la questione nei termini di una vera emergenza nazionale, ha estinto il suo debito con la prestigiosa Harvard all’età di 42 anni, nel 2004.
Per citare qualche esempio: quello che è considerato il prossimo rivale di Obama, il senatore Rubio, è riuscito a saldare il suo debito di 150 mila dollari a 40 anni. La senatrice democratica Elisabeth Warren, 63 anni, non ha ancora estinto il suo di debito.
Quello dei debiti scolastici sembrava un sistema ben studiato, un investimento oculato sul proprio futuro. Lo studente si indebitava per entrare al college, quindi, dopo un regolare corso di studi e ottenuta la laurea, poteva accedere ad impieghi ben retribuiti e onorare con calma il suo debito. Mantenendo un apprezzabile tenore di vita. La crisi economica ha inceppato il virtuoso meccanismo. I neolaureati, che non trovano più lavoro, si ritrovano sulle spalle un fardello enorme. In media devono restituire prestiti di 34 mila dollari, anche se non è affatto raro che la cifra superi i 100 mila di dollari. I debiti di studio hanno raggiunto la cifra record di un trilione di dollari (mille miliardi di dollari).
La mancanza di opportunità lavorative induce, fra l’altro, parecchi studenti a prolungare la permanenza nei costosi atenei: frequentano altri corsi, si specializzano ulteriormente. Aspettano tempi migliori, ma si indebitano sempre di più, anche perché, nonostante la crisi, le rette scolastiche aumentano invece di diminuire. I laureati del maggio scorso, già a novembre devono iniziare a ripagare i loro “student loans”, che siano occupati o disoccupati non fa differenza. Va considerato che due studenti su tre sono iscritti grazie a prestiti. Su di loro la morsa del credit crunch e la prospettiva di un personalissimo default.
Un dato è allarmante: il debito scolastico da un trilione di dollari è maggiore addirittura di quello dei possessori di carte di credito. Naturalmente ci sono varie fasce di rischio. Se c’è la fila per assumere chi esce dalle prestigiose università dell’East Coast, questo non vale per gli atenei di seconda fascia che peraltro impongono rette scolastiche tipo Harvard. Phoenix University, per esempio, la più grande dell’Arizona, deve l’88% dei suoi introiti (dati dell’anno scorso) a programmi federali, nella maggior parte incentrati su prestiti scolastici. Prestiti fatti a studenti di bassa estrazione sociale per programmi universitari on line: quindi, insieme, scarsa capacità iniziale di rifondare il debito e scarse prospettive di essere assunti. Lo stesso meccanismo dei famigerati mutui subprime che scatenò la bolla speculativa del 2007.