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Usa-Cina, la guerra dei dazi. Crollo delle borse di tutto il mondo

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Usa-Cina, la guerra dei dazi. Crollo delle borse di tutto il mondo

ROMA – Crollano le Borse nel mondo per la nuova fase della guerra commerciale Usa-Cina scatenata da Trump. Cosa c’è dietro? Delle nuove disposizioni si parla da mesi. Sono incluse nel National Defense Authorization Act 2019, una serie di leggi che delineano il budget e le spese per il Dipartimento della Difesa, che il presidente Trump ha firmato ad agosto. Il governo ha 18 mesi per attuare pienamente la nuova legislazione e i nuovi regolamenti che porteranno avanti tale processo.

Una delle principali motivazioni alla base della legislazione, era la necessità di affrontare le preoccupazioni riguardanti la diffusione di tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, le macchine automatizzate e la robotica in paesi che destano preoccupazione, in particolare la Cina. Il governo degli Stati Uniti considera queste tecnologie e infrastrutture come critiche per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Se il nemico del terzo millennio sarà la Cina e non più la Germania di Hitler né la Russia di Stalin, un senso c’è.

Le imprese americane sono preoccupate di quale tipo di impatto avranno su loro e il governo ritiene le nuove misure necessarie per proteggere la sicurezza nazionale.

Fanno parte di un più ampio sforzo da parte degli Stati Uniti di ripristinare la propria strategia politica ed economica con la Cina. Negli ultimi mesi, l’amministrazione Trump ha introdotto un numero crescente di dazi sui prodotti cinesi che, secondo gli esperti, ha portato a una totale guerra commerciale.

Lo scontro finanziario tra i due paesi è iniziato a marzo, quando il presidente Trump ha deciso di imporre dazi su alluminio e acciaio.

Settimane dopo, la Cina si è vendicata colpendo i dazi di prodotti alimentari, compresi frutta e carne di maiale, così come gli scarti di alluminio. Da allora, la tensione tra Stati Uniti e Cina è andata in crescendo, con Trump che ha deciso nuovi dazi per circa 250 miliardi di dollari sui prodotti made in China, quasi la metà di tutte le importazioni cinesi negli Stati Uniti.

Le imprese cinesi si muovono per ottenere la proprietà intellettuale americana “ad ogni costo”. In un report pubblicato a giugno dalla Casa Bianca, il presidente Trump ha valutato il furto della proprietà intellettuale della Cina tra i 200 e i 300 miliardi di dollari.

La nuova spinta volta a un maggiore controllo e restrizione sulla Cina che accede alla tecnologia degli Stati Uniti, è in linea con la strategia dell’Amministrazione: attuare misure più severe contro il paese per quelle che si dice siano pratiche commerciali sleali.

La tesi americana è: abbiamo la migliore tecnologia al mondo. Le persone la copiano. E loro la rubano ma noi abbiamo grandi scienziati, abbiamo grandi menti, dobbiamo proteggerla e la stiamo proteggendo”.  

Le imprese statunitensi si stanno adoperando per formulare dei piani di emergenza sulle nuove restrizioni incluse nella legislazione in materia di controllo delle esportazioni. Temono che la legislazione sia troppo vasta e comporti un onere eccessivo, compromettendo inoltre anche le relazioni delle imprese con la Cina. Qualsiasi maggiore controllo o restrizione sulle esportazioni potrebbe compromettere i loro accordi internazionali e, dunque, i loro profitti.

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