Disoccupati, una tragedia americana. Milioni di persone tagliate fuori dal mercato del lavoro, sembra di essere in Europa

di Licinio Germini
Pubblicato il 6 Settembre 2010 - 17:39| Aggiornato il 7 Settembre 2010 OLTRE 6 MESI FA

L’economia degli Stati Uniti prima o poi uscirà dalla Grande Recessione, ma nove milioni di americani che hanno perso il lavoro troveranno difficile se non impossibile trovarne un altro, di qualsiasi genere.

La signora Mignon-Veasley-Fields, disoccupata da due anni, con le nipoti

Il perchè è in una cosa che certi economisti ora prevedono ma che i politici odiano ammettere e cioè che il tasso di disoccupazione, oggi al 9,6 per cento, potrebbe restare elevato per anni a venire.

E con la crescita economica ansimante, gli analisti dubitano che che le aziende ricominceranno ad assumere presto. La disoccupazione, per molto tempo considerata un fenomeno temporaneo e transitorio negli Stati Uniti, sembra abbia messo radici profonde.

La disoccupazione è così vasta e radicata che perfino una robusta ripresa lascerebbe molti americani senza lavoro per anni. Per l’America è una scoperta  che dà i brividi, perché fino a ora situazioni del genere sembravano peculiari dell’Europa. Sembra quasi che, dopo mezzo secolo in cui si è vissuta l’americanizzazione dell’Europa, ora sia la volta degli Usa di europeizzarsi.

”Questa è la nuova realtà”, dice Mark Zandi, chief economist da Moody’s Analytics, ”nello spazio di un decennio siamo passati da una situazione occupazionale tra le migliori della nostra storia economica, ad una delle peggiori. Ci vorranno anni, se non decenni, per una ripresa completa”.

Grandi datori di lavoro, incluse l’industria automobilistica e quella edilizia, questa volta sono stati al centro del buco nero recessionistico, e quindi anche se l’economia riprenderà fiato non riassumeranno tutti coloro che hanno licenziato durante l’apice della crisi. Stessa cosa, scrive il Los Angeles Times, vale per le piccole imprese, che, strette da carenza di credito e deboli vendite non hanno alcuna fretta di assumere.

Grandi corporations stanno registrando profitti record precisamente perchè non assumono. Quanto ai governi locali e statali, si accingono a licenziare altri docenti, poliziotti e operatori sociali per pareggiare i loro bilanci. E non è che il Congresso mostri molta voglia di approvare un altro stimolo di spesa.

Come si vede, tutti i fattori indicano una lunga permanenza in disoccupazione. A maggio, il 46 per cento di tutti i disoccupati americani lo era stato per oltre sei mesi, un record.

Mignon Veasley-Firlds, ex-impiegata amministrativa, cerca lavoro da due anni, inutilmente, e sta perdendo la speranza. ”Se avessi 18 anni sarei sicura di ritirarmi su, ma ne ho 61, ed ho paura. Mi sento come se qualcuno stesse cercando di soffocarmi con un cuscino”. Ma anche per i giovani non va molto meglio. A giugno è stato registrato un tasso di disoccupazione del 18,1 per cento nelle età comprese tra i 16 e i 24 anni.

Non ci sono notizie migliori per i laureati. Le ricerche indicano che  per loro l’attesa per un lavoro può durare dieci anni se non più. Alcuni laureati che non trovano lavoro nel loro settore, accettano impieghi che richiedono meno competenze, spesso su base temporanea.

I calcoli degli economisti riguardo alle prospettive di miglioramento fanno gelare il sangue. Per riportare la disoccupazione nazionale al 5 per cento, dov’era prima della recessione, l’economia dovrebbe generare 17 milioni di posti di lavoro, ovvero 285 mila al mese per cinque anni consecutivi. Si ha un’idea ancora più chiara della situazione se si considera che a maggio sono stati persi 283 mila posti di lavoro.

Se si chiede agli economisti di prevedere quali industrie per prime potrebbero accendere la ripresa, la risposta per i 14,9 milioni di disoccupati americani non è incoraggiante. Settori che tradizionalmente hanno trainato l’economia fuori dalla recessione – inclusi edilizia e servizi finanziari – sono oppressi da una sovrabbondanza di case invendute e da una stretta creditizia. L’industria automobilistica, da tempo assediata da produttori stranieri, ha appena completato raffiche di licenziamenti.

E’ vero che la produttività ha continuato a crescere per tutto il 2009 e nel primo trimestre di quest’anno, ma le ragioni per cui l’ha fatto non sono consolanti per i disoccupati: il risultato è stato ottenuto rimpiazzando dipendenti con la tecnologia, al tempo stesso  esigendo da quelli rimasti più ore lavorative o ritmi di lavoro più pesanti.