Usa: Il fisco incassa con la taglia acchiappa-evasori, recuperati miliardi di dollari

Da due anni il telefono di Stephen Whitlock suona senza sosta. Da quando il fisco americano ha iniziato a offrire laute ricompense a chi denuncia i mega-evasori, le soffiate arrivano al ritmo di cento al mese, dieci volte più che negli anni precedenti.

«L’iniziativa sta avendo un successo superiore a ogni aspettativa», dice il responsabile del reparto informatori del fisco americano. Nei suoi 27 anni di carriera, dedicata a combattere frode ed evasione, Whitlock ne ha viste di tutti i colori: soffiate fatte da mariti traditi per ripicca, da impiegati maltrattati e umiliati dai capiufficio per vendetta, da regolari cittadini presi in giro da amici gradassi a volte per invidia, a volte per puro desiderio di giustizia.

Lo scorso anno persino Stephen Whitlock è rimasto sorpreso dalla forza di persuasione del denaro: grazie a taglie pari al 15-30% delle tasse evase (a patto che la somma recuperata superi i 2 milioni di dollari e il reddito dell’evasore sia più alto di 200mila dollari in caso di persone fisiche) quello dell’informatore è diventato uno sport nazionale.

«Nei primi tre mesi dell’anno fiscale 2008 (ottobre-dicembre 2007, ndr), prima dell’entrata in vigore della nuova legge, le soffiate ci hanno permesso di identificare 46 mega-evasori – dice Whitlock -. Nei successivi nove mesi ne abbiamo presi 1.200». Quei 1.246 mega-evasori, ha calcolato successivamente il fisco, avevano omesso di dichiarare un totale di 65 miliardi di dollari di reddito; l’anno precedente gli evasori denunciati per avere evaso oltre 2 milioni di dollari erano stati solo 83 e il reddito non dichiarato 8 miliardi di dollari.

L’Internal Revenue Service, l’efficientissimo fisco americano, ha buone ragioni per sospettare che almeno 228 di questi 1.246 mega-evasori devono al governo più di 10 milioni di dollari, e 64 oltre 100 milioni. Nel qual caso le denunce anonime contro questi 228 mega-evasori potrebbero fruttare complessivamente da 1,3 a 2,6 miliardi di dollari ai 150 informatori del 2008, una media di 8-17 milioni a testa.

«La nuova legge sulle ricompense funziona – dice Whitlock – perché non ammette più chi si limita a nutrire sospetti su qualcuno. Solo chi presenta una documentazione dettagliata ha diritto alla ricompensa, e la ricompensa è tale da dare l’incentivo di raccogliere prove inconfutabili contro gli evasori». Gli informatori fanno il lavoro del fisco, anzi meglio del fisco perché sanno dove cercare la frode.

Negli Stati Uniti chiunque può denunciare un evasore, basta riempire un formulario disponibile sul sito dell’Irs. La documentazione richiesta perché uno degli analisti del fisco inizi a valutare il caso è così dettagliata da sollevare la domanda più ovvia: chi può avere accesso a documenti che attestino la situazione patrimoniale di un individuo o di una società, che illustrino gli espedienti impiegati per l’evasione, e che calcolino con una certa precisione l’imponibile effettivo e l’ammontare delle tasse evase?

«La legge americana tutela il rapporto fiduciario tra un cliente e il suo avvocato o commercialista, quindi qualsiasi documento ottenuto da un professionista non è ammissibile come prova – spiega il professore di legge e fisco dell’University of California di Los Angeles Eric Zolt -. Nel caso di persone fisiche, l’informatore tipico è un ex-coniuge; nel caso di persone giuridiche un ex-socio o un ex-dipendente o un consulente esterno».

La denuncia di un datore di lavoro, in particolare, comporta grossi rischi per un delatore anche se la sua identità rimane segreta. Spesso non è difficile risalire al nome della talpa, e anche se per legge l’informatore non può essere licenziato per rappresaglia, il suo destino in azienda (e probabilmente nel mondo del lavoro) è segnato. Ma l’America pensa a tutto: un’associazione nazionale, il National Whistleblower Center, da vent’anni protegge i diritti degli informatori, fornisce assistenza legale e anche supporto psicologico.

Gli informatori hanno trovato un infaticabile sostenitore, Charles Grassley, il senatore repubblicano che ha sponsorizzato la 7623b e che oggi critica pubblicamente l’Irs per la lentezza con cui sta analizzando i casi e rimandando il pagamento delle ricompense. «Questi sono spesso cittadini di elevata statura morale, armi efficaci a disposizione del fisco per combattere la frode – ha detto Grassley -. I ritardi dell’Irs rischiano di scoraggiare altri potenziali informatori». A oggi l’Irs non ha ancora pagato un centesimo agli informatori che hanno aderito all’iniziativa del 2006.

Le società americane non sono dispiaciute invece dei ritardi del fisco, anzi sperano che il nuovo programma antievasione fallisca. «La legge non protegge adeguatamente le aziende americane dalle vendette di dipendenti malcontenti», dice l’avvocato David Blair dello studio Miller & Chevalier. Il miraggio della ricompensa è sufficiente per indurre molti a sporgere una denuncia anche quando un’azienda commette un errore, e non una frode. L’informatore incassa anche se la società in questione riconosce l’errore e paga le tasse arretrate di propria iniziativa.

Nemmeno il mondo legale è convinto della desiderabilità di un sistema di spionaggio in stile vagamente sovietico. «Credo che il fisco farebbe meglio a combattere la frode con altri mezzi, per esempio con più ispezioni, anziché appoggiarsi a una rete di informatori – dice Zolt della Ucla -. Questo sistema alla popolazione non piace».

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