Scure svizzera sui vantaggi fiscali dei frontalieri, sindacati insorgono

BERNA – La Svizzera va all’attacco, i sindacati rispondono. Il Consiglio Nazionale elvetico, la camera bassa del parlamento di Berna, ha deciso infatti di ridurre, su proposta del canton Ticino, i ristorni dei frontalieri destinati ai comuni italiani di ben 26 punti, dal 38% al 12%. «L’Italia è ostile al libero scambio, ostile alla libera concorrenza e negoziare coi guanti bianchi non porterà ad alcun risultato» ha attaccato il relatore ticinese Fulvio Pelli, relatore della commissione che ha invitato il Consiglio a perseguire la linea dura.

Il voto del Consiglio Nazionale testimonia un cambiamento di rotta a livello di Confederazione, dato che soltanto nell’autunno la camera alta del parlamento aveva respinto la proposta ticinese, preferendo una soluzione morbida. Il testo della mozione approvata era più generico e chiedeva di rimediare all’assenza di reciprocità per quanto riguarda la tassazione degli svizzeri che lavorano nella fascia di frontiera italiana e di «valutare i recenti cambiamenti della realtà socioeconomica delle regioni di frontiera direttamente interessate dall’accordo del 1974 e ridefinire la natura del versamento compensativo adattandolo alle circostanze attuali».

Alle parole di fuoco svizzere hanno risposto i sindacati dei frontalieri. Cgil, Cisl e Uil hanno fortemente criticato la decisione del Consiglio Nazionale, rimarcando come i frontalieri lavorino e paghino le tasse in Svizzera, ma vivano e usufruiscano di servizi, infrastrutture, assistenza sanitaria e formazione per sé e le loro famiglie in Italia. Proprio per questo la convenzione fiscale tra Italia e Svizzera del 1974 riconosceva corposi ristorni fiscali ai territori di provenienza dei frontalieri.

Secondo i sindacati, in ogni caso, trattandosi di una convenzione fra due Stati sovrani, finché non venga denunciata secondo le procedure del diritto internazionale, essa andrebbe applicata “senza ritenute improprie quale quella effettuata ultimamente dal Canton Ticino”, come si legge in una nota congiunta delle tre sigle.

Per Cgil, Cisl e Uil le istituzioni italiane a tutti i livelli, da quello centrale a quello locale, dovrebbero prendere posizione sul tema, magari riconvocando il tavolo di confronto italo-svizzero per difendere frontalieri e comuni, distinguendo nettamente le questioni che li riguardano dalle giuste misure da porre in atto per combattere l’evasione fiscale, l’esportazione di capitali all’estero ed il superamento del segreto bancario.

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