A fine luglio è entrata in vigore una nuova direttiva europea che concede importanti vantaggi ai consumatori e che tutela l’ambiente.
La chiamano società dei consumi, ma sarebbe più corretto definirla dei consumi e dei rifiuti. Chi compra un qualsiasi prodotto sa di dover essere pronto a sfruttare il bene appena acquistato solo per un tempo limitato: l’obsolescenza e la scarsa qualità riducono il ciclo di vita di quasi tutti i beni acquistabili, dalle automobili agli elettrodomestici, dai gadget tecnologici ai vestiti. Non è soltanto un danno economico per i consumatori: la breve e triste vita dei prodotti rappresenta un serio problema anche per l’ambiente.
Tutte le volte che qualcosa viene acquistato, si rompe e va sostituito in fretta si inasprisce concretamente il peso dei rifiuti, dell’inquinamento ambientale e del consumo di risorse. Per produrre nuovi prodotti, infatti, bisogna estrarre e sfruttare nuovi materiali. Ma per fare presto e per guadagnare, la qualità si abbassa, e i nuovi oggetti durano ancora meno dei precedenti. E laddove non si registrano problemi di shelf life è il progresso tecnologico a imporre la dismissione e la sostituzione del prodotto ancora utile.
Così il circolo vizioso prosegue con strabiliante efficacia, tanto che nessuno si permette più di bollare come una fake news o un falso mito la questione dell’obsolescenza programmata. Il risultato è chiaro: com’è noto anche ai bambini, la produzione e lo smaltimento dei prodotti comportano enormi emissioni di gas serra.
L’analisi del ciclo di vita (il cosiddetto LCA, Life Cycle Assessment) è l’indicatore che valuta l’impatto ambientale di un prodotto lungo tutto il suo ciclo di vita, dalla produzione allo smaltimento. E quasi tutti i prodotti contemporanei, caratterizzati da un ciclo di vita breve, rivelano un LCA elevato.
Diritto alla riparazione: la direttiva che offre concreti vantaggi per consumatori e ambiente
Il Parlamento europeo ha recentemente approvato la direttiva relativa al diritto alla riparazione. L’iniziativa nasce dopo l’analisi di dati sconfortanti. Secondo le stime dell’UE, i cittadini europei perdono circa 12 miliardi di euro ogni anno per sostituire prodotti e dispositivi che potrebbero essere riparati. Il costo complessivo per la società aumenta per via dello smaltimento, che risulta assai inquinante e quindi dannoso per l’ambiente. La mancata riparazione determina un consumo di 30 milioni di tonnellate di risorse e genera 35 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno.
Grazie alla nuova direttiva, però, i consumatori potranno più agevolmente risparmiare risorse prolungando il ciclo di vita dei prodotti attraverso la riparazione anziché la sostituzione. I produttori e i venditori saranno infatti obbligati a effettuare riparazioni in tempi utili o a fornire informazioni e a offrire assistenza a un costo accessibile. E, se la riparazione non è possibile, dovranno offrire un bene ricondizionato.
La direttiva si applicherà ai beni di consumo che manifestano difetti oltre i due anni di garanzia. A tale scopo l’UE sta creando una piattaforma online dove i consumatori potranno trovare i siti di riparazione più vicini e i venditori di prodotti ricondizionati. L’Italia non ha ancora recepito la direttiva: ha tempo fino al 2026 per farlo. La speranza è che non lo faccia con il solito ritardo.