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Per chi vola lo stipendio e per chi no: Palazzo Chigi su, pompieri giù

di admin |16 Dicembre 2011 17:56

Lapresse

ROMA – Fuori impazzava la tempesta della crisi, i tagli, la contrazione dei consumi, il debito pubblico, lo spread… Ma dentro Palazzo Chigi non l’hanno sentita, non solo per merito della solida architettura dell’edificio che ha ospitato potere papalino, monarchico, fascista e infine repubblicano. Lo dice l’Istat: l’unico spread che i dipendenti della Presidenza del Consiglio hanno conosciuto è un “divario” del 15,2% tra la busta paga del 2009 e quella del 2010. Il dato risulta dalle tabelle dell’Istat sulle retribuzioni contenute nell’annuario statistico italiano pubblicato il 16 dicembre. Una vera e propria impennata se si considera il rialzo medio, pari al 2,1%.

I lavoratori impiegati nella presidenza del Consiglio – secondo quanto si legge nel Conto annuale della Ragioneria dello Stato – erano nel 2010 2.521 con un aumento del 7,6% sul 2009 (187 persone in più) nonostante la stretta sul turn over (-1,8% per l’insieme dei lavoratori pubblici con contratto a tempo indeterminato nel periodo). I dipendenti della presidenza del Consiglio, sempre secondo i dati del conto annuale, percepivano in media nel 2010 53.275 euro (al netto degli arretrati degli anni pre4cedenti), quasi il doppio rispetto alla retribuzione media dei dipendenti dei ministeri (28.383 euro annui). La retribuzione media a Palazzo Chigi è comunque molto piu’ alta di quella media dei dipendenti pubblici (34.652 compresa la magistratura, carriera prefettizia ecc). Secondo i dati del Conto annuale l’aumento delle retribuzioni annue rispetto al 2009 (al netto però degli arretrati erogati nell’anno per gli anni precedenti) è stato del 9,8% ma tra il 2008 e il 2010 l’incremento complessivo dei salari è stato del 18,3% a fronte del 3,7% dell’insieme dei lavoratori pubblici.

Un vero e proprio schiaffo a quanti negli ultimi anni hanno preso di mira i costi della politica e cercano di ridurre i privilegi della “Casta”. “Privilegi da togliere” aveva subito dichiarato Mario “equità” Monti appena eletto premier, vedendo poi la sua manovra andare a sbattere contro il “presidio democratico” chiamato “autonomia del Parlamento” quando voleva ridurre di 5.000 euro l’indennità mensile degli onorevoli, come peraltro richiesto dall’Europa.

Il 2010 non è andato bene solo a Palazzo chigi. Hanno visto aumentare le proprie retribuzioni contrattuali categorie come i servizi a terra negli aeroporti (+5,2%) e i giornalisti (+4,7%). Seguono, al disotto del 4% le retribuzioni di portuali, impiegati nelle telecomunicazioni e nella ricerca.

Quelli che… no. Non è lo stesso per gli altri settori del pubblico impiego: solo +0,7% per i dipendenti ministeriali così come per le agenzie fiscali e nei monopoli. Un paio di decimali in più (+0,9%) per le forze dell’ordine. I più sfortunati nella Pubblica Istruzione (+0,6%) e i Vigili del Fuoco (+0,4%).

Quelli che… contestano. Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei giornalisti, si è detto stupito dei dati dell’Istat: “Non dubitando delle elaborazioni dell’Istituto temo che ci sia, nascosto tra noi, qualche nuovo multimilionario perché le retribuzioni che conosco non registrano aumenti così rilevanti e segnano, invece, l’esplosione del numero di quanti hanno subito riduzioni di compensi che li hanno fatti precipitare sotto la soglia di povertà. Tra loro migliaia di giovani sfruttati”.

Quelli che… non hanno un lavoro. Nel 2010 il tasso di occupazione è sceso al 56,9 (nel 2009 era al 57, 5%). Peggio è per le donne lavora solo il 46,1%: media tra il 68,5% del Trentino Alto Adige e il 39,9% della Campania. Tra i disoccupati, circa il 40% non ha ancora trent’anni. Crescita speculare al tasso di disoccupazione passato dal 7,8% all’8,4%. Una crescita che riguarda qualsiasi classe d’età. E particolarmente significativa tra i 35 e i 54 anni (+8,1 per cento, pari a 63 mila persone rimaste senza impiego).

Quelli che… tirano la cinghia. Intanto le famiglie italiane, rispetto al 2009, hanno speso solo 11 euro in più per un totale di 2.453 euro medi al mese (+0,5%). L’Istat, nell’Annuario Statistico, spiega che, in pratica, in termini reali, la spesa dei consumi delle famiglie è rimasta stabile.

 

 

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