ROMA – Crolla il titolo Volkswagen alla Borsa di Francoforte dopo che il colosso automobilistico tedesco ha ammesso di aver violato le norme antismog in vigore negli Usa per anni. Il titolo ha ceduto fino a un massimo del 22%, il calo più pesante negli ultimi 7 anni (16 miliardi di capitalizzazione).
Volkswagen ha ammesso di aver intenzionalmente utilizzato sulle sue auto diesel un sofisticatissimo software, progettato per aggirare i controlli sulle emissioni inquinanti dei propri veicoli.
Ora pagherà cara la furbata, nessuno dimentica la multa da 1,2 miliardi di dollari a Toyota. Mark Winterkon, Ceo di Volkswagen, ha ammesso la frode, assicura la piena collaborazione dell’azienda con le autorità, si scusa con la clientela. Intanto deve affrontare il clamoroso danno d’immagine, sospende la vendita in Usa dei diesel (Audi compresa), deve gestire il ritiro dal mercato di 500mila vetture ordinato dal governo Obama. Ma perché uno scivolone del genere, perché VW ha barato?
L’ente americano per la protezione ambientale ha constatato che i motori diesel da due litri producono molti più ossidi di azoto in condizioni normali che nei test specifici. Hanno scoperto quindi che un sofisticato software nella centralina del motore riconosce quando l’automobile è impiegata in test specifici o in condizioni di guida abituale. Nel primo caso il software attiva i dispositivi che riducono le emissioni, con il motore che consuma di più.
Nel secondo caso li disattiva: il motore va molto meglio, la coppia entra con più facilità, le emissioni di ossidi di azoto in compenso crescono dalle 10 alle 40 volte di più che nei test. In America, dove sono convinti come in Giappone che il diesel non sia un gran motore, i tedeschi hanno pensato che un aiutino fosse indispensabile.