Wall Street affonda: la guerra dei dazi con la Cina e bond Usa più sexy delle azioni Wall Street affonda: la guerra dei dazi con la Cina e bond Usa più sexy delle azioni

Wall Street affonda ancora, Trump attacca la Fed: “E’ impazzita e fuori controllo”

Wall Street affonda: la guerra dei dazi con la Cina e bond Usa più sexy delle azioni
Wall Street affonda: la guerra dei dazi con la Cina e bond Usa più sexy delle azioni

ROMA – “L’economia americana è forte”, ha detto la Casa Bianca dopo il crollo di Wall Street del 10 ottobre. I dazi alla Cina e i Treasure hanno fatto sprofondare la Borsa, ma Donald Trump sembrava fiducioso. Al secondo giorno nero, con Wall Street che affonda ancora l’11 ottobre, scatta l’ira del presidente americano. Trump punta il dito contro la Fed: “E’ impazzita e fuori controllo”.

La Casa Bianca aveva provato a gettare acqua sul fuoco mercoledì: “Il calo è una correzione in un mercato al rialzo. E’ probabilmente salutare e passerà”. Queste le parole dopo aver registrato la sua peggiore seduta negli ultimi otto mesi: era infatti da febbraio che gli indici non prezzavano un calo così forte (in una settimana l’indice Dow Jones ha bruciato il 4%, il Nasdaq il 6%). Il presidente americano ora attacca frontalmente la banca centrale e si dice deluso da Jerome Powell, ma rassicura: “Non lo licenzierò”. A difendere il presidente della Fed ci pensa il direttore generale del Fmi Christine Lagarde: “Non assocerei Powell all’idea di pazzia”. 

A pesare è l’ondata di vendite sui tecnologici, che affonda i listini americani già preoccupati per il balzo dei rendimenti sui Treasury e l’impatto dei dazi sulle trimestrali. Due le cause principali che spiegano questo crollo, a dispetto delle ottime performance dell’economia Usa o, come vedremo, proprio in ragione del buono stato di salute dei fondamentali economici a stelle e strisce (gli ultimissimi dati dicono che cresce la fiducia delle imprese e aumenta il tasso di occupazione). 

La prima causa è da attribuire alla guerra dei dazi contro la Cina scatenata dall’amministrazione Trump, una vera e propria guerra commerciale per contrastare il vero nemico strategico della prima potenza mondiale. La seconda causa, concomitante, è il fatto che la Federal Reserve (“è impazzita”, aveva detto Trump), proprio in virtù del buon andamento dell’economia, sta proseguendo la politica di aumento dei tassi di interesse: prima conseguenza l’aumento dei rendimenti dei Tresauries, i titoli di stato Usa, che li pone in concorrenza con il mercato azionario.

La parola d’ordine, in vista di un’ulteriore stretta monetaria della Fed, è vendere azioni e comprare bond, e il mercato non fa che registrare questa aspettativa. Quanto alla guerra commerciale con la Cina, è il settore ad alta tecnologia il più esposto. Se ne avvantaggia forse il mercato del lavoro interno Usa, ma le vendite di azioni dei big dell’hi-tech spostate per esempio sul carbone o l’acciaio, non compensano le perdite (Jeff Bezos di Amazon ha perso in una sola seduta 9,1 miliardi di dollari).

Vincerà la guerra con la Cina Trump? Secondo molti osservatori è del tutto improbabile, non siamo più negli anni ’80. Per fare un esempio, alla fine del 2015 i consumatori cinesi avevano acquistato 130 milioni di i-Phone mentre il totale delle vendite Usa dello stesso prodotto nello stesso periodo si è attestato a 110 milioni. Dumping e contraffazione, oltre alla necessità di “rubare” il know how tecnologico sono armi oggettive dispiegate da Pechino: e al momento, spiega Il Wall Street Journal, le aziende cinesi si sono attrezzate per aggirare i dazi e i balzelli doganali imposti da Trump. 

“Uno fra gli stratagemmi più diffusi consiste nell’alterare il codice Hts (sigla di Harmonized tariff schedule), indicazione di 10 cifre che qualifica il prodotto al momento dell’importazione”, scrive Il Sole 24 Ore, per cui le lamiere d’acciaio entrano nel mercato americano sotto forma di componenti per turbine. 

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