Attenti all’uso improprio di WhatsApp: la normativa vigente ammette la possibilità di richiedere e ottenere un risarcimento.
Tutti dovrebbero aver ormai capito che la virtualità non mette al riparo da conseguenze giuridiche assai reali come querele, sanzioni e condanne. Assumere comportamenti sconvenienti su WhatsApp o su un altro programma di messaggistica online può comportare la fattispecie di un reato e costringere il colpevole a versare un risarcimento alla persona lesa.
Quando si comunica attraverso la famosa app di messaggistica bisogna stare attenti a non trasgredire la legge e, in generale, a non perpetrare attraverso il linguaggio condotte inadeguate o discutibile. Internet non può essere il far-west… Ci sono regole da rispettare e limiti, caratterizzati dal rispetto reciproco, che non dovrebbero mai essere superati. Anche per il legislatore è appare dunque necessario intervenire con norme chiare.
Il punto è che molti italiani faticano ancora a orientarsi nell’universo della netiquette, ovvero tra le regole per un uso corretto di internet. Ecco perché in tanti pensano ancora che una frase scritta o pronunciata su WhatsApp o suoi social sembra abbia meno valore rispetto a un contenuto espresso in un contesto reale.
Se qualcuno diffonde informazioni false e dannose su un soggetto terzo tramite WhatsApp, la legge italiana ammette il possibile reato di diffamazione. Un reato non solo punibile penalmente ma che può anche comportare un risarcimento danni. Con la legge 71/2017, il legislatore ha poi previsto misure specifiche per contrastare il cyberbullismo, inclusa la possibilità di richiedere la rimozione dei contenuti offensivi e di ottenere risarcimenti per i danni subiti.
Un rischio poco considerato è quello della violazione della privacy. Diffondendo su WhatsApp senza autorizzazione dati personali o immagini si può incorrere in sanzioni e risarcimenti, così come stabilito dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).
L’altro comportamento su WhatsApp che può dare origine a un reato e comportare un risarcimento anche di grossa entità è il lasciarsi andare a messaggi offensivi. Simili contenuti, ovviamente a seconda delle circostanze, possono essere considerati come forme di reato.
Quando l’offesa è rivolta direttamente alla vittima e questa è presente anche virtualmente si tratta di ingiuria. Anche se l’ingiuria, ormai già dal 2016, non è più un reato penale ma un illecito civile, la vittima può comunque richiedere un risarcimento danni. La già citata diffamazione (quando l’offesa è rivolta a una persona assente e viene comunicata a terzi) è un reato penale.
Di recente la Corte di Cassazione (sentenza n. 28675/2022) ha stabilito che se un messaggio offensivo viene inviato in una chat di gruppo (per esempio su un gruppo di WhatsApp) e la vittima non è online al momento della ricezione o non partecipa al gruppo, si tratta di diffamazione. Se invece la vittima è online e può rispondere immediatamente, si tratta di ingiuria aggravata. L’entità del risarcimento è stabilita di volta in volta dal giudice.
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