Biocarburante dal mais con Escherichia Coli da batterio killer a “benzinaio”

Biocarburante dal mais con Escherichia Coli da batterio killer a benzinaio
Biocarburante dal mais con Escherichia Coli da batterio killer a benzinaio (Foto LaPresse)

ROMA – Da batterio killer a “benzinaio” in grado di produrre biocarburante. Sono diverse le ricerche apparse sulla rivista Pnas che usano il batterio Escherichia Coli, che associato ad un fungo è in grado di convertire gli scarti del mais in biocarburante di nuova generazione a impatto zero per l’ambiente.

Una delle ricerche è stata condotta dall’università del Michigan, negli Stati Uniti, che ha utilizzato il fungo Trichoderma reesei per trasformare la cellulosa presente nei gambi e nelle foglie del mais in zuccheri. Questi sono poi stati trasformati in isobutanolo, una molecola simile all’etanolo ma che può essere messa nei serbatoi da sola, grazie a batteri Escherichia Coli geneticamente modificati.

La resa del processo è di 1,88 grammi di isobutanolo per litro di fluido nel sistema, la più alta realizzata per questo processo, e anche l’efficienza ha raggiunto il 62% di quella massima teorica, un valore considerato soddisfacente in questo stadio dello sviluppo.

Gli autori della ricerca hanno spiegato: “E’ proprio la coesistenza di funghi e batteri nello stesso ambiente la chiave del processo di solito uno dei due elementi finisce per dominare ed eliminare l’altro, mentre in questo caso si può mettere tutto in un unico reattore, abbassando i costi. Inoltre il processo, che non è competitivo con la produzione alimentare, può essere usato anche per la produzione di materie prime per le bioplastiche”.

Un’altra ricerca promettente in questo campo, descritta sempre su Pnas dai ricercatori dell’università di Exeter, ha utilizzato sempre l’Escherichia Coli, modificato con i geni di altri due batteri, per produrre biodiesel a partire da zuccheri. Le molecole prodotte sono risultate strutturalmente e chimicamente identiche a 10 tipi di carburante diesel comunemente in commercio.

C’è anche chi sta cercando soluzioni meno ‘banali’ dell’E. coli, come un gruppo di ricercatori dell’Università della Georgia che invece utilizza i batteri ‘estremofili’, quelli cioè che vivono a temperature vicine ai 100 gradi, ingegnerizzati, o i ricercatori della Mississippi State University che invece studiano i batteri dell’apparato digerente dei panda giganti, ‘specializzati’ nella degradazione della cellulosa. L’ultima frontiera è invece produrre i batteri ‘da zero’, come sta cercando di fare lo scienziato americano Craig Venter, in modo da ottenere microrganismi con tutte e solo le caratteristiche volute.

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