Enel, Michele Crisostomo: Enel, Michele Crisostomo:

Enel, Michele Crisostomo: “Si fa presto a dire green. Serve un criterio unico sia per l’impresa che per la finanza”

Per il presidente dell’Enel Michele Crisostomo bisogna fissare degli standard unitari per definire bene cosa è sostenibile, “un sistema di classificazione che orienti gli investimenti” spiega Crisostomo in un’intervista ad Affari e Finanza di Repubblica.

Si fa presto a dire green per il presidente di Enel. A suo parere serve un criterio unico che valga sia per l’industria, sia per la finanza. E serve anche stabilire una volta per tutte i criteri di sostenibilità.

 Enel è tra le aziende più impegnate nel percorso della transizione energetica ed ecologica. Ormai però qualunque azienda si definisce green e sostenibile.

Ma come stabilire chi lo è veramente?  Crisostomo ha risposto alle domane di Luca Pagni:

“Ormai il 99% di un pannello fotovoltaico è riciclabile. Per quanto riguarda le auto ibride, crediamo che l’unica soluzione per ridurre le emissioni sia l’utilizzo di auto con batteria elettrica, anche se le ibride plug-in sono utili per i più ‘timorosi’ per iniziare a conoscere la mobilità elettrica e poi fare il salto verso il ‘full electric’”.

“Esistono tante declinazioni nell’essere verdi”

“Detto ciò, esistono tante declinazioni nell’essere verdi. Si arte da affermazioni di principio che riguardano la vita di tutti come la lotta al cambiamento climatico, ma ogni azienda poi si orienta in base alla sua attività”.

“Essere sostenibile per una utility come Enel non è la stessa cosa di una banca o di una oil company. Ma per diventare veramente sostenibile, come dico sempre, una azienda deve cambiare il suo metabolismo e ogni suo comportamento, dai rapporti con le autorità a quelli interni all’organizzazione, fino a quelli con i consumatori, investitori o fornitori.”

“L’impresa che riesce a completare questo cambiamento senza snaturare il suo business avrà solo vantaggi. Penso al rapporto con i giovani di oggi, i consumatori di domani, sono una generazione di nativi sostenibili. Certe richieste, certe valutazioni sono per loro istintive: entro dieci anni sottoscrivendo un contratto di energia o anche solo comprando il pane, si chiederanno prima di tutto se quel prodotto risponde ai principi di tutela e rispetto dell’ambiente”.

Ci sono prodotti o servizi che si presentano come sostenibili ma che hanno costi ambientali nascosti. Si tratta prevalentemente di servizi legati all’informatica come motori di ricerca, app,  data center e criptovalute.

Secondo Crisostomo “è un tema che ci porta a una domanda fondamentale: per cosa dovremmo usare l’energia rinnovabile? Prendiamo il caso della tecnologia della criptovaluta: è giusto che l‘energia sia indirizzata in queste attività piuttosto che nei trasporti elettrici di una città per renderla più vivibile?”

“Il tema del costo energetico della criptovaluta merita una riflessione collettiva consapevole, perché a questo punto bisogna interrogarsi sul suo impatto e fare un bilancio se intendiamo privilegiare un uso più razionale dell’energia verde e più coerente con gli obiettivi ambientali e sociali”.

L’Environmental, Social and Corporate Governance

Molti istituti certificano se una azienda risponde ai criteri Esg (Environmental, Social and Corporate Governance). Ma non sarebbe meglio avere uno standard unico, identificabile più facilmente? Secondo Crisostomo questa “è la questione del momento, perché influenzerà sempre di più i comportamenti finanziari e non mi riferisco solo ai fondi etici”.

“Ormai c’è la consapevolezza che una azienda che rispetta i parametri di sostenibilità sarà apprezzata da consumatori e investitori e quindi sarà anche più profittevole. Ma siamo in una fase di passaggio”.

“Ci sono standard molto autorevoli a cui abbiamo aderito, ma è necessaria una armonizzazione. Se i criteri di misurazione e reporting della sostenibilità porteranno a una migliore trasparenza, coerenza e comparabilità delle informazioni, anche le scelte di investimento da saranno agevolate. Una sorta di competizione in cui potranno intervenire le istituzioni pubbliche”.

È il caso della direttiva Ue sulla ‘tassonomia’, il tentativo di Bruxelles per definire cosa sia o meno green e quindi più o meno finanziabile con i fondi europei.

“In Enel seguiamo con interesse l’evoluzione dei lavori sulla tassonomia, che sono ancora in corso, non essendo stati approvati gli atti delegati della Commissione Ue. Condividiamo sia l’obiettivo di fondo di stabilire un sistema di classificazione che orienti la finanza verso investimenti sostenibili, sia le soglie di emissioni stabilite per le tecnologie di generazione di energia”.

“Se si raggiungerà una migliore standardizzazione, in base a un robusto approccio scientifico, non sarà quindi un’occasione perduta”.

I green bond

Capitolo green bond. Chi stabilisce i criteri per definire i green bond che vanno per la maggiore sui mercati? Secondo Enel, chi non raggiungerà gli obbiettivi di sostenibilità sarà costretto a pagare  tassi più alti:

“Abbiamo dimostrato di poter cambiare radicalmente il modo di fare impresa” spiega Crisostomo. “Il Sustainability Linked Bond non è dedicato a un progetto, ma coinvolge l’intero comportamento aziendale. E ci crediamo al punto che abbiamo affidato a istituzioni indipendenti il compito di controllarci e abbiamo previsto una penalizzazione finanziaria se non centriamo i target di sostenibilità su cui ci siamo impegnati”.

Non ci vorrebbe anche una penalizzazione per chi decide di investire in attività non sostenibili?

“Sono convinto che ogni strumento sia utile alla transizione. La fiscalità come anche l’utilizzo degli incentivi, dei meccanismi di deduzione o del credito fiscale, che hanno funzionato bene nel caso dell’ecobonus. L’importante è avere sempre un disegno complessivo e questo deve essere compito della politica, che deve indicare gli obiettivi e la direzione verso cui tendere”.

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