VADO LIGURE, SAVONA – Una decina di indagati per “disastro ambientale” e una superperizia commissionata dalla Procura di Savona in arrivo: importanti novità sulla Tirreno Power, società che possiede la centrale a carbone a Vado Ligure (Savona).
La Tirreno Power è controllata al 50% da Gaz de France (Gdf-Suez) e partecipata al 39% da Sorgenia del Gruppo Cir della famiglia De Benedetti, insieme alle utility Iren ed Hera, che ne detengono indirettamente il 5,5% a testa.
Riporta La Stampa del 14 novembre:
“La superperizia (ma tecnicamente è una «consulenza») commissionata dalla Procura di Savona sulla Tirreno Power, depositata quest’estate e che ha portato a una svolta nell’inchiesta sulla centrale, passata da «ignoti» a «noti» e all’individuazione del reato di «disastro ambientale», uscirà dalle stanze al sesto piano di Palazzo di Giustizia per entrare negli uffici ambiente di Regione, Provincia di Savona, Comuni, Ministero dell’Ambiente. Oltre naturalmente all’Osservatorio salute e ambiente istituito nell’ottobre 2012 dalla Regione proprio per monitorare la centrale e informare la popolazione.
Insomma, le amministrazioni che, pur vincolate dal segreto d’ufficio, potrebbero avere interesse a conoscere quei dati. Lo ha comunicato ieri il procuratore Francantonio Granero senza precisare però «quando» materialmente la corposa consulenza sarà trasmessa agli enti amministrativi. Il documento, frutto di due anni di lavoro dei consulenti, ha una parte epidemiologica in cui si valutano le conseguenze per la salute dei cittadini nel territorio di influenza della centrale, e una parte ambientale che analizza i dati sulle emissioni in atmosfera, ma non soltanto, dei residui di lavorazione”.
Del 4 novembre è la notizia degli indagati, sempre de La Stampa:
“Spuntano i primi alcuni indagati (secondo indiscrezioni sarebbero una decina) per «disastro ambientale». La conferma ufficiale è arrivata oggi dal procuratore Francantonio Granero che però ha ritenuto, per motivi legati allo sviluppo delle indagini che sono tuttora in corso, di non svelare né i nomi né il numero esatto delle persone iscritte nel registro degli indagati. Le quali per il momento potrebbero anche non essere state ancora informate dell’iscrizione a loro carico.
La svolta della Procura potrebbe confermare che il lavoro investigativo ha messo i primi punti fermi per quanto riguarda ruoli, comportamenti e responsabilità. Oltre ai dirigenti e tecnici della centrale, direttamente coinvolti nella produzione di energia elettrica con il carbone e nelle emissioni in atmosfera, è possibile che l’inchiesta coinvolga anche altre figure, ad esempio tecnici e amministratori pubblici ai quali competeva il ruolo di controllo sulle emissioni e in generale sulle «ricadute» che la centrale ha avuto nel corso degli anni sul territorio circostante”.
Il Giornale del 6 novembre è più duro:
“Le ipotesi di reato comprendono disastro ambientale, omicidio colposo, lesioni colpose. Nella zona della centrale si registrano picchi abnormi di mortalità per cancro, certificati da esami epidemiologici eseguiti dai consulenti della procura di Savona: un migliaio di morti in più rispetto alla media nazionale. Secondo l’Istituto tumori di Genova, nel decennio 1988-’98 sono morte di cancro 112 persone su 100mila contro una media nazionale di 54. I sospetti sono tutti appuntati sulla centrale della Tirreno Power, che da quarant’anni brucia fino a 4000 tonnellate di carbone al giorno e dal 2002 appartiene a un gruppo che ha tra i maggiori azionisti di riferimento la Cir dei De Benedetti.
Sono due i filoni d’inchiesta aperti nel 2011 dopo le denunce di gruppi ambientalisti. Il sostituto procuratore Danilo Ceccarelli indaga sull’ipotesi di inquinamento mentre il sostituto Chiara Maria Paolucci si occupa dei reati di disastro ambientale e omicidio colposo; i magistrati sono coordinati dal procuratore Granero. Nei giorni scorsi un consulente della procura ha acquisito ulteriore documentazione nella sede della Tirreno Power. Finora il fascicolo era contro ignoti.
Nel palazzo di giustizia di Savona sono depositati quattro esposti che chiedono di fare luce sulle emissioni inquinanti delle gigantesche ciminiere a carbone di Vado: due sono di privati cittadini, il terzo è firmato da numerose associazioni ambientaliste mentre l’ultimo denuncia presunte responsabilità della politica locale (comune, provincia, regione) e degli organi di controllo. Sotto accusa sono le autorizzazioni ad ampliare l’impianto e, di conseguenza, la mancata vigilanza e l’omessa denuncia dei danni che esso provocherebbe alla collettività. Secondo gli ambientalisti, in particolare, la regione Liguria guidata da Claudio Burlando avrebbe concesso i nulla osta al progetto di potenziamento dell’impianto sotto la minaccia dell’azienda di chiudere la centrale e dirottare all’estero un investimento di 1,2 miliardi di euro.
Come a Taranto per l’inchiesta sull’Ilva, l’inchiesta di Vado Ligure coinvolge la salute pubblica, i posti di lavoro, le coperture politiche, gli enormi interessi economici legati a importanti nomi dell’imprenditoria italiana: tra tutti, quello del gruppo che fa capo ai De Benedetti. I figli dell’editore di Espresso e Repubblica controllano il 39 per cento della centrale attraverso Sorgenia (gruppo Cir). L’azionariato di Tirreno Power è diviso a metà (50 per cento a testa) tra la multinazionale francese Gdf Suez ed Energia Italiana Spa.
A sua volta, Energia Italiana è controllata da Sorgenia (78 per cento) cui si aggiungono (con l’11 per cento ciascuna) le multiutility quotate Hera e Iren, ex aziende municipalizzate di città come Torino, Genova, Bologna e l’intera dorsale emiliano-romagnola. Un blocco politico-economico legato alla sinistra. D’altra parte, la sinistra governa Vado Ligure dal dopoguerra. Anche il sindaco Attilio Caviglia, eletto nella lista civica «Vado Viva», è un uomo di sinistra essendo stato il numero 2 della precedente amministrazione guidata da Carlo Giacobbe, Pd. Ieri Caviglia ha commentato laconicamente la notizia dei primi dieci avvisi di garanzia: «È un passaggio chiave ma i vadesi si attendono risposte chiare ed efficaci». Tirreno Power, da parte sua, «esprime ancora una volta la certezza di avere operato e di continuare a operare nel pieno rispetto di tutte le leggi e norme vigenti, fin da quando è divenuta proprietaria degli impianti di Vado Ligure»”.
Sono stati sollevati dubbi sull’improvvisa accelerazione delle indagini, che in realtà è legata a contingenze interne alla Procura di Savona, come spiegava la Stampa del 20 settembre:
“Nelle ultime settimane l’inchiesta ha avuto un’accelerazione, legata al deposito – a fine giugno – della maxiperizia stilata dai consulenti della Procura e costata due anni di lavoro e numerose riunioni congiunte tra pm ed esperti. Esaminata la perizia nella sua stesura conclusiva, archiviata la pausa ferie e anche vista l’imminente partenza da Savona dei sostituti che affiancano il procuratore Granero: Chiara Maria Paolucci per un prestigioso incarico all’Ufficio legislativo del ministero e Danilo Ceccarelli per una missione in Kosovo, in Procura si è deciso di stringere i tempi. Tanto che, come ha precisato ieri il procuratore Granero, il lavoro della polizia giudiziaria è ora teso alla valutazione della «natura delle condotte» all’interno di Tirreno Power. Il che, tradotto dal gergo giuridico, sta a significare che si è passati, evidentemente dopo aver consolidato una o più ipotesi di reato, a individuare i possibili responsabili. Già ieri a Palazzo di giustizia l’avvocato savonese di riferimento di Tirreno Power (Fausto Mazzitelli) ha avuto contatti con i magistrati che si occupano del fascicolo. E ha anticipato che, se e quando ci saranno le condizioni tecniche (i nomi) verrà immediatamente chiesto l’accesso agli atti dell’imponente fascicolo. La «discovery», che ormai sembra imminente, chiarirà anche quali sono le strategie della Procura in fatto di accuse”.