ROMA – Energie alternative, il Portogallo è leader in Europa.
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Il “piccolo” Portogallo, con 10,309 milioni di abitanti e una superficie di 92,391 milioni di chilometri quadrati, deteneva già un rispettabile “palmares” di primati a livello continentale: è il Paese dove la popolazione mangia più pesce, dove si produce più sughero e soprattutto più energia da fonti naturali, come il vento e il sole. Ma ora proprio in un campo strategico come questo, fondamentale per la cosiddetta “green economy”, per lo “sviluppo sostenibile”, per la lotta all’inquinamento atmosferico e per la difesa dell’ambiente e della salute collettiva, il Paese di Cristiano Ronaldo, campione europeo in carica di calcio, ha stabilito un nuovo record: produce energie alternative in quantità superiore al proprio fabbisogno nazionale. È l’obiettivo dell’indipendenza energetica “rinnovabile”, a cui puntano non solo le altre sei nazioni che insieme al Portogallo compongono EuroMed (Francia, Italia, Spagna, Grecia, Malta e Cipro), ma tutti i partners europei.
Affacciato sull’oceano Atlantico, con 830 chilometri di coste da nord a sud, il Paese occupa una fascia di territorio lunga circa 700 chilometri e larga dai 150 ai 200 chilometri nella Penisola iberica. È quello più occidentale dell’intero Continente, confinando soltanto con la Spagna. Ma è anche quello che, per storia e tradizione, rappresenta un ponte naturale verso il Nord Africa. E perciò la sua capitale, Lisbona, oltre mezzo milione di abitanti, può rappresentare un osservatorio privilegiato per seguire la vita europea, sul piano politico, economico, sociale e culturale, in una prospettiva di integrazione con i Paesi del bacino del Mediterraneo.
Pur non avendo coste sul “Mare nostrum”, il Portogallo fa parte di EuroMed in forza della sua riconosciuta appartenenza alla cultura greco-romana, testimoniata dalla lingua di matrice neolatina, diffusa anche in buona parte del Sud America e soprattutto in Brasile. Favorito dalla particolare collocazione geografica del Paese, il record nella produzione di energia alternativa costituisce, dunque, un modello anche per gli altri Stati dell’alleanza a sette che rappresentano l’Europa meridionale con interessi e progetti comuni. Al largo delle loro coste, in pieno oceano Atlantico, da tempo i portoghesi stanno sperimentando una serie di impianti subacquei a turbina, per sfruttare le correnti marine.
Con una collocazione geografica per diversi aspetti analoga, anche l’Italia è impegnata a sviluppare le energie alternative: dal sole al vento, a cui la conformazione della Penisola può aggiungere quella idroelettrica e geotermica. Terna, la società che gestisce la rete elettrica nazionale, ha comunicato che il 21 maggio dell’anno scorso, alle ore 15, per la prima volta l’87% della domanda è stato coperto da fonti rinnovabili. Una tappa importante sulla strada della “decarbonizzazione”, mentre aumentano sempre più le dismissioni di centrali termoelettriche tradizionali. Per un Paese “turistico” come il nostro, ricco di bellezze naturali, questo impegno in difesa dell’ambiente costituisce un supporto rilevante allo sviluppo della prima industria nazionale.
Punta ora sull’integrazione con le fonti rinnovabili e sulla digitalizzazione delle infrastrutture il nuovo piano della società, con un investimento di 5,3 miliardi di euro da qui al 2022. In pratica, si prevede di abbattere le linee obsolete e di costruire 1.200 chilometri di linee “verdi”: alla fine dei lavori, il 70% di quelle nuove saranno interrate o sottomarine. L’ammodernamento degli impianti consentirà così di “accrescere la sicurezza e la stabilità della rete, a fronte dell’alta volatilità e bassa prevedibilità delle fonti rinnovabili”, come ha annunciato recentemente l’amministratore delegato, Luigi Ferraris. Oltre a favorire lo sviluppo delle “energie pulite”, questi interventi potranno avere anche un impatto positivo sull’ambiente e sul paesaggio italiano.