“Gira il mondo gira…”, era il ritornello di una canzone, “Il Mondo”, che giusto alla fine degli anni sessanta cantava Jimmy Fontana, lungimirante. Gira il mondo e tutto passa, tutto si evolve, tutto si trasforma e tutto si dimentica. La lezione è nota a Berlusconi, che ancora giovedì 4 novembre, parlando agli ultrà del suo partito, ha infilato una serie di “revisioni” della più recente cronaca e delle sue stesse parole.
Un’altra lezione che Berlusconi ha applicato con successo è stata quella che buttare un po’ di soldi in una squadra di calcio aiuta a ritoccare l’immagine e a renderla smagliante. Certo non basta, se continui a peccare, ma se la usi come una forma di penitenza dopo la redenzione funziona e come.
Riflessioni che portano ai nomi di Moratti e Garrone, nomi che negli anni sessanta e settanta erano sinonimo delle peggiori cose sulle labbra della sinistra e che ormai, quanto meno sui giornali, anche di sinistra, sono diventati sinonimo di politically correct, aiutati, certamente, dalla scomparsa, per passaggio a miglior vita, dei pionieri che fondarono imprese e dinastie.
Viene da pensare a tutto questo sfogliando i vecchi numeri della Stampa di Torino, con i magistrali e in alcuni casi insuperabili articoli di Giampaolo Pansa. Ce n’è uno, uscito il 14 aprile 1972, che comincia così: “La sera di venerdì 1 febbraio 1971, il primo canale tv (all’epoca c’era solo la Rai, siamo ancora in epoca pre berlusconiana) riluceva del volto per bene di Rodolfo Brancoli. Il redattore del Telegiornale stava dicendo qualcosa a proposito di Moro quando in una zona di Genova, la sua voce garbata si affievolì e scomparve. S’udì un fischio e poi una voce dura, dall’accento ligure: «Attenzione. Qui radio gruppi azione partigiana. Il 4 distaccamento Gap d’Italia ha portato a termine un’altra azione. Ad Arquata il deposito del fascista Garrone…». Il tono era da bollettino di guerra «Proletari — diceva lo sconosciuto che si sovrapponeva a Brancoli — la lotta armata contro la dittatura borghese è già cominciata»”.
Radio Gap e i gruppi di terroristi che la ispiravano avevano le loro radici nelle zone industriali del ponente di Genova e la loro base sociale coincideva, ovviamente non per la scelta terroristica ma per la collocazione geografica, con le valli e le coste trasformate dall’industrializzazione acritica assai (altri direbbero selvaggia) in modo tale che la povera Luigia Pallavicini di foscoliana memoria non riconoscerebbe la spiaggia dove cadde da cavallo. Lì, da Sampierdarena a Voltri, vive anche la maggior parte della base sociale dei tifosi della Sampdoria che, con lo stesso schema della torinese Juventus, era data dalla aristocrazia cittadina alleatasi col proletariato delle periferie.
Oggi, quella stessa zona, inneggia al nome di Garrone come presidente e mecenate di quella stessa Sampdoria. Se non altro, almeno fino a quando Cassano resterà nella rosa blucerchiata.