ROMA – Se i rapporti fra Usa e Cuba sono ancora tesi, a quasi 55 anni dalla rivoluzione castrista, è per colpa di quel “disastro perfetto” dell’intelligence americana passato alla storia come lo sbarco della Baia dei Porci.
In quell’operazione si combinarono tutti gli ingredienti che hanno portato gli Stati Uniti a impantanarsi in Vietnam, Iraq, Libia. E che stavano portando a un maldestro intervento in Siria: una combinazione di sopravvalutazione della tecnologia, sottovalutazione delle informazioni e del contesto sociale, eccesso di fiducia in una soluzione “muscolare” dei problemi.
Alfredo Mantici su Lookout news ricostruisce gli errori che, nella primavera di 53 anni fa, stavano precipitando una crisi locale nella scintilla della Terza Guerra Mondiale:
“All’alba del 17 aprile 1961, su una spiaggia cubana chiamata “la Baia dei Porci” prese avvio una delle più sconsiderate operazioni d’intelligence della storia del Novecento. In realtà, fu un’operazione militare e non d’intelligence. Ma, essendo stata organizzata dalla CIA, la dobbiamo (forse sbagliando) considerare tale. Dopo tre giorni, grazie a una catena di errori – che visti a posteriori rasentano la follia – si realizzò, infatti, il “disastro perfetto”, che ancora condiziona i difficilissimi rapporti tra la Cuba di Fidel Castro e gli Stati Uniti, e che fu basato prima di tutto su quella che dovrebbe essere la materia prima di qualsiasi operazione di intelligence: informazioni attendibili e analisi accurate.
Dopo che l’1 gennaio 1959 la rivoluzione castrista ha vinto, costringendo alla fuga il dittatore Batista, la svolta a sinistra di Fidel Castro – con la nazionalizzazione delle terre e di tutte le attività produttive – convince l’amministrazione Eisenhower che Cuba è un avamposto sovietico a poche miglia marine dalle coste americane.
Basandosi sulle informazioni fornite dalle migliaia di profughi cubani fuggiti in Florida – una comunità che sin da subito sarà ampiamente infiltrata dalle spie dei servizi segreti cubani – il presidente Eisenhower, al termine del suo secondo mandato, nel novembre del 1959 decide di autorizzare la CIA a pianificare operazioni clandestine per abbattere il regime castrista. Inizia uno stillicidio quasi quotidiano con bombardamenti isolati da parte di aerei senza contrassegni, con il sabotaggio delle colture di tabacco e canne da zucchero (anche con lancio di agenti inquinanti), e con attentati contro caserme e sedi del partito castrista.
Il 18 febbraio 1960 il primo episodio imbarazzante: un aereo senza contrassegni viene abbattuto dalla contraerea cubana. Il cadavere del pilota è quello di un cittadino americano, Robert Elliott Frost. Per nulla intimorito da questo setback, il 17 marzo 1960 Dwight D. Eisenhower sigla la sua autorizzazione a un piano predisposto dalla CIA dal titolo “Programma di azioni clandestine contro il regime di Castro”. Tra l’altro, il progetto prevede di “addestrare una forza paramilitare da inviare a Cuba per scatenare insieme alle forze anticastriste interne una rivolta armata contro il regime di Castro”.
Con uno sforzo logistico senza precedenti (il cui mandato sarebbe dovuto essere in teoria quello di raccogliere informazioni segrete), viene messo in piedi un campo di addestramento in Guatemala, dove a ritmo serrato vengono preparati a combattere oltre 1.500 militanti anticastristi. La base segreta di addestramento in Guatemala si trasforma presto in un “segreto di Pulcinella”, tanto che nel gennaio del 1961 un articolo del New York Times ne parla diffusamente. Inoltre, i continui spostamenti dei miliziani tra il Guatemala e Cuba tengono costantemente aggiornato il servizio segreto cubano sull’andamento dell’operazione.
A novembre, John Fitzgerald Kennedy vince le elezioni presidenziali e, pochi giorni dopo, bussano alla sua porta Allen Dulles, direttore della CIA, e Richard Bissell, vicedirettore operativo dell’agenzia. Il giovane neo-presidente, affiancato dal fratello Bobby, ascolta i dettagli del piano autorizzato dal suo predecessore e, fidandosi dell’opinione di Bissell – il quale sostiene che quello di Castro è un regime precario e che basterà una spallata per farlo travolgere da una rivolta popolare – dà il suo ok all’avvio della preparazione per uno sbarco a Cuba di una piccola “armada”.
Il piano prevede l’utilizzo di sedici vecchi bombardieri della seconda guerra mondiale B26 che, nelle intenzioni degli strateghi della CIA, avrebbero dovuto: distruggere le forze aree cubane, far sbarcare 1.400 uomini sulla spiaggia della Baia dei Porci e avere così la meglio su un esercito di 200mila soldati cubani, tutti veterani dell’esercito di guerriglia che solo un anno e mezzo prima avevano sbaragliato le forze di Batista.
Mettendo da parte tutte le obiezioni dei suoi consiglieri politici, Kennedy avvia il “disastro perfetto”. All’alba del 17 aprile 1961, sei navi malandate sbarcano la Brigata 2056 sulle spiagge di Cuba. Prima sorpresa: quelli che agli occhi degli analisti della CIA erano apparsi come banchi di alghe, si rivelano una barriera corallina che ferma i mezzi da sbarco a 80 metri dalla battigia, costringendo i miliziani a trasportare sotto il fuoco nemico armi e rifornimenti verso la spiaggia. Seconda sorpresa: Castro, informato dettagliatamente di tutto il piano, ha schierato i carri armati sulle tre alzaie che da sole consentono l’uscita dalla spiaggia, e che gli permettono così di colpire i miliziani al momento dello sbarco. Terza sorpresa: oltre alle tre alzaie tenute dai castristi, non c’è modo di uscire dalla spiaggia poiché questa si affaccia su una palude invalicabile. Così, i cinque malandati bastimenti della forza d’invasione sono presi di mira dall’aviazione cubana, e due di essi, la Huston e la Rio Escondido, colano a picco. Vengono abbattuti anche nove B26.
In un ultimo tentativo disperato di dare sostegno agli anticastristi, Kennedy autorizza uno stormo di aerei ad appoggiare e scortare i B26 durante un bombardamento. Ma la CIA non comunica all’aviazione americana che tra le coste del Nicaragua, base di partenza degli aerei, e Cuba c’è un’ora di differenza di fuso orario. I jet planano sul posto con un’ora di anticipo, non trovano nessuno e tornano indietro, mentre i B26, al loro arrivo, vengono bersagliati senza pietà dai cubani.
In questo “disastro perfetto”, si sono mescolate le informazioni sbagliate della CIA, l’inesperienza del giovane neo-presidente Kennedy e la sicurezza di Dulles e Bissell di essere in grado di forzare la mano di JFK e costringerlo a far intervenire le forze armate americane solo di fronte alla prospettiva di una pesante sconfitta.
Coraggiosamente, Kennedy ha resistito, poi ha licenziato Dulles e Bissell, e accettato l’umiliazione – due anni dopo – di scambiare i 1.200 prigionieri presi da Castro con una fornitura di centinaia di trattori. Ma il fiasco della CIA ha comunque fatto in modo che i rapporti tra Cuba e Stati Uniti restassero critici fino a oggi e la tragedia della Baia dei Porci non è servita alla CIA a trarre tesoro dalla lezione, visto quello che poi è successo in Vietnam, in Iraq, in Libia e, per fare un esempio ancor più recente, in Siria, dove un altro “disastro perfetto” targato Langley stava per mettere Al Qaeda sul trono di Damasco.
Tutti i fallimenti più clamorosi del gigante dello spionaggio americano sono avvenuti sempre per gli stessi (apparentemente inemendabili) errori:
troppo affidamento sulla tecnologia (le foto aeree non descrivono i sentimenti della popolazione); scarse informazioni sul campo;
insufficiente analisi del contesto sociale in cui si va a operare;
una filosofia operativa basata su un approccio quasi esclusivamente “muscolare” (a Cuba i B26, e oggi i droni in tutto il mondo).
Insomma, un’intelligence più rude che intelligente.