LONDRA – Un bambino di tre anni, con i vestiti estivi e le scarpe addosso. Si chiamava Aylan Kurdi. Sembra dormire, un bambino addormentato sulla spiaggia, ma la testa praticamente in acqua tradisce il senso tragico di questa storia. Non è un bambino che dorme dopo aver giocato sulla spiaggia, è un bambino curdo annegato nelle acque turche, con il fratello Galip e altre 11 persone, mentre con la sua famiglia e tanti altri cercava di passare da Bodrum, in Turchia, all’isola di Kos, in Grecia. In tutto 13 miglia, quasi un terzo del tratto Nettuno – Ponza (36 miglia), un po’ meno di metà di San Felice Circeo – Ponza (21 miglia).
Erano partiti in tanti, su una flottiglia di piccole lance, per la piccola traversata, ma la barchetta di 6 metri su cui erano stipate 17 persone si è rovesciata, nonostante il mare calmo, mezz’ora dopo il distacco dalla costa turca. Non erano nemmeno a metà del percorso. Nessuno aveva un giubbetto salvagente: non erano passeggeri ma carne da macello per gli scafisti. I due bambini sono annegati subito. E sembra che anche gli altri passeggeri, compresa la mamma dei due bimbi, Rihan, 35 anni, siano morti.
In quello stesso, piccolo, tratto di mare, altri bimbi hanno perso la vita. E altre madri piangono la loro morte. Come Zeynep Abbas Hadi, che ha perso i suoi piccoli di 9 e 11 anni, la cui storia è raccontata dal Daily Mail.
E’ però la foto del piccolo Aylan che si è aggiudicata (triste primato) le prime pagine di alcuni giornali, come il britannico Independent, che ha deciso di aprire la propria edizione online pubblicando, grandi, due foto, di cui una raffigura il corpicino riverso sulla spiaggia: è difficile da guardare e per questo abbiamo scelto di non pubblicare questa immagine ma l’altra, quella del bimbo in braccio al militare.
La domanda del quotidiano Independent però la poniamo ai lettori: “Se neanche queste immagini potenti di un bambino siriano morto su una spiaggia cambieranno le politiche europee verso i rifugiati, che cosa lo farà?”.