Call center in rivolta, sciopero lavoratori contro delocalizzazioni e appalti FOTO

di Redazione Blitz
Pubblicato il 4 Giugno 2014 - 11:53 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – I call center in rivolta il 4 giugno hanno indetto uno sciopero contro le delocalizzazioni e gli appalti senza regole. L’appuntamento per gli 80mila lavoratori del settore è a Roma, dove i manifestanti sono arrivati a bordo di pullman e treni. Lo sciopero è stato proclamato dai sindacati SLC Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil “Contro delocalizzazioni e dumping”, si legge negli striscioni per il corteo. Repubblica scrive:

“Nel settore, in cui lavorano circa 80 mila addetti, molto spesso società straniere vengono infatti scelte al posto di quelle italiane per via dei costi più bassi. Lavoratori e sindacati chiedono un rilancio del settore e una nuova regolamentazione, che preveda l’abolizione delle gare al massimo ribasso che spesso non coprono il costo dei salari, favorendo irregolarità e pratiche lavorative in nero”.

Nel comunicato dei sindacati si legge:

“A neanche 10 anni dal processo di stabilizzazione che, solo fra il 2007 e il 2008, ha prodotto più di 25mila regolarizzazioni di rapporti di lavoro, il comparto dei call center in outsourcing italiani è nuovamente sull’orlo del baratro. Mentre nel Paese si discute di come creare occupazione stabile, il settore che più di tutti in questi anni ha saputo creare occupazione buona, rivolgendosi principalmente al mondo giovanile rischia oggi di crollare nel silenzio generale della politica e dell’opinione pubblica”.

Secondo le stime della Cgil i lavoratori in piazza a Roma saranno migliaia e Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil:

“Tutti coloro che hanno a cuore il futuro dei giovani sostengano la protesta di lavoratori che grazie a questo impiego mantengono le proprie famiglie e che quindi chiedono di vedere migliorate le condizioni di lavoro, a partire dalle tutele sociali e dallo stesso stipendio”.

Azzola ha poi ribadito la necessità di nuove norme:

“Le leggi italiane favoriscono e incentivano il dumping. In un paese normale tutto questo non succederebbe e anzi si punterebbe a qualificare questi lavoratori che sono senza volto ma in realtà risolvono quotidianamente i problemi dei cittadini ed è giusto dargli dignità”.

(Foto LaPresse)