Domenico Quirico, l’inviato della Stampa sparito sul fronte dell’inferno siriano il 9 aprile, esattamente cinque mesi fa, è stato liberato ed è rientrato in Italia. Il suo aereo, un Falcon di una compagnia aerea ufficialmente della Presidenza del Consiglio, leggi servizi segreti, è atterrato all’aeroporto di Ciampino, a Roma, intorno alla mezzanotte e 22 del 9 settembre. Ad attenderlo, tra i tanti, il ministro degli Esteri Emma Bonino.
Anche se non si sa praticamente nulla sui dettagli della liberazione (la notizia è stata appresa in Italia prima che in Siria), tutto fa pensare che sia stato pagato un riscatto, forse anche per liberare l’altro ostaggio, un giornalista belga. Un elemento a favore della tesi del riscatto è la nota del Quirinale che loda i “Servizi”, perché in altri casi come questo, i servizi segreti italiani hanno ottenuto la liberazione di ostaggi pagando riscatti; l’altro elemento è l’insistenza delle fonti ufficiali sul fatto che Quirico e il giornalista belga probabilmente fossero in mano a una banda di criminali comuni. Con i criminali comuni si sa, non si fa ideologia, ma si parla di soldi.
Appena sceso dall’aereo, Domenico Quirico, una volta liberato dagli abbracci di Emma Bonino e di un sacchetto nero da immondizia con un po’ di sue cose, ha detto alcune cose importanti e assai negative contro tutti i discorsi a favore dei ribelli siriani, con la secca ruvidezza del piemontese, aggravata dall’accento forbito e la erre arrotata:
1. la rivoluzione araba mi ha tradito, è un’altra cosa rispetto a quella in cui credevo due anni fa ad Aleppo, una rivoluzione democratica, laica; è una cosa pericolosa
2. sono gente cattiva;
3. mi hanno trattato “non bene”.
ROMA – La notizia era attesa, dopo settimane sospese fra paure, segnali di speranza e cautele. Domenica sera c’è stata la conferma dal Ministero degli Esteri, mentre Domenico Quirico era già a bordo di un aereo sulla via del ritorno in Italia.
Al direttore della Stampa, Mario Calabresi, la notizia è stata data direttamente dal presidente del Consiglio, Enrico Letta, e dal ministro degli Esteri, Emma Bonino.
Alla Stampa sono letteralmente impazziti di gioia, al punto che sul sito internet www.lastampa.it hanno scritto il titolo mezzo in inglese, lingua notoriamente di uso comune nelle Langhe e e nel Canavese.
Bontà loro, anche la famiglia di Quirico – la moglie e le due figlie Metella ed Eleonora – è stata avvertita.
“Siamo emozionate e felici. Lo aspettiamo a casa e non vediamo l’ora di abbracciarlo”, ha detto a un giornalista della agenzia Ansa Eleonora Quirico.
Un epilogo felice, che era parso più volte a un passo, specialmente dopo che il 6 giugno si era appreso di una breve telefonata del giornalista alla moglie Giulietta dal luogo di prigionia. Tuttavia continuava a essere appeso a un filo, mentre sulla Siria incombevano ormai anche i venti di una possibile azione militare guidata dagli Stati Uniti, dopo le denunce sull’uso di armi chimiche attribuito al regime del presidente Bashar al-Assad.
Il rilascio si colora dei toni di una gioia senza ombre. In libertà torna anche Pier Piccinin, il cittadino belga rapito con Quirico.
”La speranza non era mai venuta meno”, ha detto il primo ministro Enrico Letta nel primo commento da Palazzo Chigi, mentre una nota del Quirinale elogia il ministero degli Esteri e i servizi segreti.
“La notizia della liberazione di Domenico Quirico mi riempie di grande gioia e di soddisfazione. Il mio pensiero va prima di tutto ai parenti che potranno finalmente riabbracciare Quirico dopo tanti mesi e numerosi momenti di ansia”, ha fattoe co Emma Bonino.
L’odissea di Domenico Quirico – 62 anni, grande esperienza sul terreno dell’informazione internazionale e già vittima di un sequestro lampo nel 2011 in Libia con altri tre colleghi italiani – aveva avuto inizio ad aprile di quest’anno mentre l’inviato della Stampa cercava di raggiungere Homs, città martire della rivolta anti-Assad, provenendo dalla frontiera libanese per la sua quarta missione di testimone della feroce guerra civile in Siria.
Un’ultima telefonata, il giorno 9, poi se ne erano perse le tracce. Per oltre venti giorni, i familiari e La Stampa – su raccomandazione delle autorità e al fine di non pregiudicare possibili contatti – avevano mantenuto il più stretto riserbo. Ma il 30, di fronte all’iniziale vuoto d’informazioni, il giornale aveva reso noto l’accaduto. Il silenzio, durato a lungo malgrado i contatti subito attivati dalla Farnesina e dai servizi d’intelligence, aveva fatto temere il peggio.
Ma la sua famiglia, il suo giornale e lo stesso governo italiano non hanno mai abbandonato le speranze. Specialmente dopo che a giugno la moglie aveva potuto sentirne la voce, da quella sorta di oltretomba in cui era stato inghiottito. Nelle ultime settimane il ministro Bonino si era mostrata ”cautamente fiduciosa”, anche rispetto al caso parallelo del gesuita padre Paolo Dall’Oglio, scomparso a sua volta in Siria a luglio:
“Resto non soltanto determinata, ma anche fiduciosa, perché da quelle parti le cattive notizie si sanno subito”.
Un atteggiamento suffragato anche da quanto riferito al Copasir nei giorni precedenti dal direttore del Dis Giampiero Massolo, secondo la cui ricostruzione il giornalista sarebbe finito negli ultimi tempi in mano ad un gruppo della criminalità ordinaria, agganciato poi da canali di contatto utili all’avvio di una trattativa concreta. Trattative che, a quanto pare, si sarebbero giovate anche dei buoni rapporti stabiliti dagli apparati diplomatici e d’intelligence italiani con settori dell’insorgenza siriana e avrebbero consentito alla fine di far prevalere le ragioni umanitarie. Tanto più che Quirico, almeno da un certo punto in avanti, non sarebbe stato più sotto il controllo di frange jihadiste dei ribelli. Non ci sono comunque notizie sul pagamento di un riscatto. Per le ricostruzioni, d’altronde, ci sarà tempo. Quello che conta stasera è che Domenico Quirico torna a casa, a riabbracciare i suoi..
Le immagini dell’arrivo di Domenico Quirico (foto LaPresse)
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