ROMA – L’affluenza arranca alle elezioni regionali di Emilia Romagna e Calabria. Per la prima Regione i dati aggiornati alle 19 di domenica 23 novembre dicono che si è recato a votare il 37,7% degli aventi diritto. Meglio in Calabria dove ha votato il 44,1%.
Sono aperte dalle 7 alle 23 di domenica le urne per eleggere il nuovo presidente dell’Emilia-Romagna e Calabria e i nuovi consigli regionali.
L’affluenza alle 12. Era solo del 10,75% l’affluenza registrata alle 12 per le elezioni regionali in Emilia-Romagna. Alle precedenti regionali, quando si votò però anche il lunedì, l’affluenza alle urne, alla stessa ora, era stata del 12,9%. A Bologna città ha votato il 12,56% (era il 12,4% nel 2010).
Ancora peggio in Calabria dove era dell’8,85% l’affluenza registrata alle ore 12. Alle precedenti regionali, nel 2010, l’affluenza alle urne, alla stessa ora, era stata del 6,5%. In quella occasione, però, si votava in due giorni. A Catanzaro città ha votato per le regionali il 13,76% (7,98% alle precedenti regionali).
In Emilia Romagna i circa 3,4 milioni di cittadini chiamati a votare sceglieranno tra: Maurizio Mazzanti (Liberi cittadini), Stefano Bonaccini (sostenuto da Pd, Sel, Emilia-Romagna civica e Centro per Bonaccini), Alan Fabbri (Ln, Fi, Fdi), Cristina Quintavalla (L’altra Emilia-Romagna), Giulia Gibertoni (M5s) e Alessandro Rondoni (Ncd) prenderà il posto di Vasco Errani. I seggi chiudono alle 23.
Una costante in tutti gli appuntamenti elettorali, la poca partecipazione della base. Anche la Calabria torna al voto per scegliere il nuovo presidente della Regione. Un voto arrivato anzitempo, per le dimissioni dell’allora governatore Scopelliti, messo fuori gioco dalla legge Severino dopo la condanna a 6 anni e l’interdizione dai pubblici uffici per abuso d’ufficio e falso, commessi durante gli anni del suo mandato di sindaco a Reggio Calabria.
In Calabria alle urne sono chiamati 1.897.729 elettori. Si vota dalle 7 alle 23 per eleggere, oltre al nuovo governatore, il nuovo Consiglio regionale che, per effetto del calo demografico con meno di due milioni di abitanti, sarà composto da soli 30 consiglieri e non più 50. A contendersi l’ambito ruolo di presidente della Regione saranno in cinque.
Il favorito della vigilia è certamente Mario Oliverio, presidente uscente della Provincia di Cosenza, in campo per il centrosinistra, con ben otto liste al suo fianco, Pd, Dp, Oliverio Presidente, Autonomia e Diritti, La Sinistra, Calabria in#rete, Centro Democratico e Cdu. Uno dei punti di forza di Olverio e’ la spaccatura del centrodestra, che si presenta diviso. In corsa ci sono infatti Wanda Ferro, presidente uscente della Provincia di Catanzaro, per Forza Italia con tre liste, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Casa delle Liberta’; e Nico D’Ascola, senatore e noto avvocato per la coalizione “Alternativa popolare” con due liste, il Nuovo Centro Destra e l’Udc. Gli altri due sfidanti sono Cono Cantelmi, giovane avvocato, per il Movimento 5 Stelle; e Domenico Gattuso, docente universitario, per “L’altra Calabria” che raccoglie i sostenitori della lista Tsipras.
Come si vota.
Un’unica scheda sulla quale esprimere sia il voto per la candidata o il candidato Presidente, sia il voto per le liste concorrenti.
Si può esprimere il voto per una candidata o un candidato Presidente e per una lista collegata.
Se si esprime solo il voto a una lista, questo si estende automaticamente anche alla candidata o candidato Presidente collegati.
Si può esprime anche solo il voto a una candidata o candidato Presidente e a nessuna lista.
Si può anche votare per una lista e per una candidata o candidato Presidente non collegati (voto disgiunto).
Si possono esprimere uno o due voti di preferenza per i candidati nella medesima lista. Nel caso di espressione di due preferenze, esse devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l’annullamento della seconda preferenza.
Il grafico riportato dal Corriere della Sera:
Emilia Romagna e Calabria sono, come nota Ilvo Diamanti su Repubblica di domenica 23 novembre,
“due regioni, lontane e diverse, fra loro. Per economia, società, storia. Territorio”.
Per questo, aggiunge Ilvo Diamanti, le elezioni regionali di domenica 23 novembre 2014
“sono importanti. Perché riguardano due casi esemplari: del passato e, al tempo stesso, del futuro politico in Italia. I sondaggi, per quel che contano, stimano il Centrosinistra in vantaggio non solo in Emilia Romagna (nettamente), ma anche in Calabria. Comunque vada, sarà interessante verificare l’esito e la geografia del voto. In queste due regioni tanto lontane, eppure avvicinate dalle trasformazioni degli ultimi anni”.
Da una parte c’è l’Emilia Romagna, il Nord:
“L’economia di piccola impresa, motore dello sviluppo degli ultimi vent’anni. Dall’altro lato, la Calabria. Il Sud. Un’area che fatica a ridurre le distanze – economiche, ma non solo – dalle zone più dinamiche del Paese. Due regioni lontane e diverse anche dal punto di vista politico. Eppure, entrambe vanno al voto con qualche mese di anticipo rispetto ai termini previsti, per ragioni analoghe. Legate a irregolarità e abusi commessi dagli amministratori. E questa co-incidenza è un segno del cambiamento avvenuto, rispetto il passato. Anche se le differenze fra i due contesti restano profonde.
“In Calabria, il Centrosinistra presenta Mario Oliverio (Pd, vicino a Bersani). Favorito, secondo i sondaggi. Esattamente all’opposto dell’Emilia Romagna. Il “cuore rosso” dell’Italia. Una regione, da sempre, orientata a sinistra. Intorno al Pci, ieri. In seguito, ai post-comunisti: il Pds e i Ds. E, oggi, il Pd. Insieme alla Toscana, all’Umbria e alle Marche: delimita la “zona rossa”. Il perimetro, ma anche il recinto, storico del Centrosinistra. Perché gli ha permesso di resistere, ma gli ha impedito, allo stesso tempo, di volare.
“La storia politica dell’Italia repubblicana è segnata dall’anticomunismo. […] Così, l’Emilia Romagna ha continuato ad essere “rossa” e i cittadini hanno continuato a votare allo stesso modo. Ma per “abitudine”, più che per “appartenenza” (come ha osservato Arturo Parisi). […]
Negli ultimi anni, tuttavia, la tela rossa della cultura politica e del voto si è smagliata in diversi punti. Nelle province emiliane del Nord, dove è penetrata la Lega.
La Lega, d’altronde, è un partito ideologico, simile al vecchio Pci. E procede per prossimità territoriale. Nello spazio padano (Piacenza, Parma, Modena e Ferrara, soprattutto).
Ma la tela rossa si è lacerata anche nelle città. A Bologna, dove Grillo ha organizzato il primo V-Day. E, ancor più, a Parma, nel 2012, quando è stato eletto sindaco Pizzarotti.
Il M5s ha messo “in rete” comitati e movimenti locali di rivendicazione su temi specifici. Ma si è affermato, soprattutto, canalizzando l’insoddisfazione politica, nei confronti dei partiti dominanti.
Il M5s non ha una geografia politica. Alle elezioni del 2013 si è, infatti, diffuso in modo omogeneo in tutto il territorio nazionale. Dalla Calabria all’Emilia Romagna.
Questa indifferenza geo-politica, peraltro, costituisce una seria minaccia per il “modello emiliano”. Erede di una tradizione che afferma la politica “nel” territorio. Mentre il M5s pratica una politica “senza” il territorio.
Un progetto annunciato da Berlusconi e riproposto, oggi, da Matteo Renzi. Il quale ha de-ideologizzato e personalizzato il Pd. L’ha trasformato nel Pdr. Il Partito Democratico di Renzi. Alternativo alla “ditta” di Bersani. Che è emiliano, di Bettola.
Alle europee del 2014, il Pdr, sfidato dal M5s, ne ha riprodotto l’impianto a-territoriale. Ha vinto ovunque. È divenuto Partito della Nazione. Senza confini.
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