Ernesto Diotallevi, ex banda della Magliana, maxi-sequestro: case, quadri…

ROMA – Quadri di Giacomo Balla, Mario Schifano e Sante Monachesi sono tra le opere d’arte, del valore complessivo di circa un milione di euro, sequestrate dalla Guardia di Finanza e dai carabinieri del Ros a Ernesto Diotallevi, uno dei capi storici della banda della Magliana. L’operazione fa seguito ad un altro ingente sequestro di beni, del valore di 25 milioni di euro, ai danni di Diotallevi avvenuto il 12 novembre scorso.

Questa seconda fase delle indagini ha condotto il Nucleo di Polizia Tributaria della Capitale ed il R.O.S. all’esecuzione di due nuovi sequestri preventivi emessi dal Presidente del Tribunale di Roma su richiesta della locale Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di Diotallevi, della moglie Carolina Lucarini, dei figli Mario e Leonardo e di altri prestanome.

Oltre a 27 beni mobili, quadri e mobili d’antiquariato, giudicati “di notevole valore storico ed artistico”, e’ stato sequestrato il restante 50% del capitale sociale della “C. Immobiliare S.r.l.”, con sede a Rimini, dichiaratamente attiva nella “compravendita di beni immobili” nonche’ l’intero capitale sociale e patrimonio aziendale della “Lampedusa S.r.l.”, con sede a Fiumicino (Roma), finalizzata alla “costruzione di navi ed imbarcazioni”, e una autovettura.

Una lista di 27 opere, ora scrupolosamente inventariate, appese alle pareti e sparse per le stanze dell’appartamento del boss di una delle bande criminali piu’ potenti degli ultimi trent’anni, attiva soprattutto nel Lazio ma i cui legami con vari boss della mafia siciliana hanno già ottenuto numerosi riscontri. Dipinti di scuola romana, campana e francese dell ’800 e del ’900, e poi mobili di antiquariato di ingente valore, un pianoforte di mogano, tavoli intarsiati, specchiere, sono tra i beni sequestrati nell’appartamento di Ernesto Diotallevi a Fontana di Trevi.

Tra le opere di Balla, anche un trittico a tempera, e poi dipinti di Franco Angeli, Norberto Proietti, Ana Maria Laurent, Antonio Balbo detto ‘Abate’, Aldo Riso. Una ‘passione per l’arte’ dettata, come hanno sottolineato gli inquirenti, “non tanto da esigenze estetiche, quanto soprattutto perché le opere d’arte, non essendo soggette a particolari registrazioni, in molteplici casi sfuggono ai provvedimenti ablativi emessi dall’Autorita’ Giudiziaria, rilevando la loro presenza solo in una fase successiva, all’atto dell’emissione di specifici provvedimenti che colpiscono l’indiziato di appartenere ad associazioni mafiose, ovvero che risulti vivere abitualmente con proventi illeciti”.

(Foto Ansa)

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