MILANO – La banca è uno squalo e i suoi clienti sono pesciolini che lo squalo si vuole mangiare: sono i soggetti di un manifesto pubblicitario al centro di una campagna di affissioni con cui la società immobiliare Porta Vittoria di Milano espone al pubblico la vicenda, intricata, dei suoi rapporti con il Banco Popolare: “Prima ci hanno finanziati, poi hanno chiesto il nostro fallimento”. Questa è la versione della immobiliare Porta Vittoria. Non risultano reazioni da parte del Banco Popolare né è nota la posizione della banca sui fatti esposti dalla immobiliare.
Le affissioni hanno avuto inizio il 31 dicembre 2015 a Verona dove ha sede il Banco Popolare, e sono proseguite nei primi giorni del 2016 a Milano.
Erano previsti anche annunci su alcuni quotidiani, “i principali”, che però non hanno accettato la pubblicità.
Oltre che alla opinione pubblica, Porta Vittoria si è rivolta anche alla magistratura, con un esposto di un luminare del diritto in Italia, il prof. Natalino Irti. Nella memoria di Natalino Irti, sostiene Porta Vittoria,
“viene spiegato dettagliatamente il comportamento degli ultimi anni del Banco Popolare. Il tutto suffragato da documentazione”.
Il Banco Popolare sapeva perfettamente che:
“il finanziamento concesso dall’Istituto di Credito era in scadenza nei prossimi anni e prorogabile di 15 anni. Il il rientro dei capitali investiti sarebbe avvenuto a seguito delle vendite degli appartamenti e delle aree commerciali. Invece, appena terminata la realizzazione del complesso la banca ha chiesto immediatamente il rientro delle somme. Non essendoci chiaramente disponibilità in quanto le vendite non sono ancora cominciate, la banca ha presentato istanza di fallimento il 01 agosto 2015. Il finanziamento concesso – ad eccezione di 80 milioni che sono serviti dietro indicazioni dello stesso Banco ad acquisire partecipazioni societarie con assets immobiliari, che successivamente sono state svuotate dallo stesso Banco dell’attivo – ha creato un buco nei bilanci di Porta Vittoria.”