ROMA – “O vinciamo alle Europee o me ne vado a casa. E non scherzo” diceva Beppe Grillo in campagna elettorale. Incassata la sconfitta (-20% rispetto al Pd) ora i fedelissimi si dividono tra chi grida al complotto e chi ha deciso di restare in silenzio.
“Il cambiamento culturale è lento, più lento del previsto, ma è inarrestabile” scrive Alessandro Di Battista su Facebook.
“Sono momenti duri e vanno vissuti tutti, fino in fondo. Io sono fiero di quel che abbiamo fatto questi mesi. Non mollerò certo adesso” dice Di Battista.
Sceglie la via del silenzio invece Luigi Di Maio, almeno su Facebook. Tace su Facebook Paola Taverna e tace anche Roberta Lombardi.
Pessimismo cosmico per Paolo Becchi che all’alba twitta un verso di Leopardi “Perì l ‘inganno estremo, Ch’ eterno io mi credei… Non che la speme, il desiderio è spento”.
Grida al complotto il senatore Michele Giarrusso: “Ci sono dei dati strani che non corrispondono. Secondo me si sono mossi apparati clientelari forti. Questa volta il voto di scambio è stato davvero fortissimo”.
Fa invece autocritica il deputato Stefano Vignaroli: “Il Partito democratico ha purtroppo stravinto e noi siamo andati sotto le nostre aspettative. Faremo autocritica sapendo che la montagna è difficile da scalare. Battere un Renzi così forte mediaticamentenon era facile ma abbiamo sperato fosse possibile, nonostante sia al Governo da poco ( e quindi i nodi potrebbero presto venire al pettine). Avremo molto da lavorare, come sempre. Comunque più di un 20% ci ha sostenuto e ci dà la forza per proseguire a dare il massimo, portando avanti il nostro amato progetto. Grazie ai tanti che ci hanno aiutato e incoraggiato”.
Sul blog c’è anche un grillino che dà la colpa a Bruno Vespa: “Beppe non doveva andare a Porta a Porta, ha perso voti”.
Francesco Campanella, uno dei dissidenti espulsi da Grillo, si toglie invece qualche sassolino dalla scarpa: “La migliore riforma del M5S è che Grillo regali il simbolo al movimento, gli attivisti lo riprendano in mano rimuovendo i cerchi magici e coloro tra i portavoce che si sono trasformati da portavoce degli elettori in portavoce del capo. Usando una vecchia espressione: bisogna assaltare il quartier generale”.
“Non sarò un mago della comunicazione – dice un altro dissidente, Luis Alberto Orellana – ma era facile capire che Beppe Grillo ha sbagliato a definirsi “oltre Hitler”. Ha spaventato tanti …”
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