ROMA — Per ora della Nuvola all’Eur, il faraonico e futuribile (letteralmente) Centro Congressi, si intravede solo uno scheletro metallico. Per quanto se ne sa, la nuvola di Massimiliano Fuksas un domani potrebbe pure far piovere, oggi è solamente una delle Grandi Opere cantierizzate , inaugurate e lasciate lì a morire a credito: stasi, inerzia o abbandono non sono gratis, nel frattempo i costi sono lievitati di altri 170 milioni. 170 milioni pubblici ovviamente, visto che il committente Eur Spa, sebbene gestisca il contesto urbano dell’Eur con la spregiudicatezza di un privato, è di proprietà al 90 per cento del ministero dell’Economia, per il 10 del Comune di Roma. Torna sulla questione, quella dell’incompiuta all’italiana come mutazione regressiva del genio architettonico italico, Francesca Erbani di Repubblica.
E perché le Grandi Opere sono in affanno? Molti sostengono che queste vicende sono anche l’effetto del considerare l’architettura come una soluzione a sé, bella quanto si vuole, ma che prescinde dall’urbanistica, cioè dalla sua relazione con la città. Una relazione che si tenta in ogni modo di forzare. Vengono allora in mente lo stadio del nuoto progettato da Santiago Calatrava, a Roma: cominciato e rimasto tristemente incompiuto. Oppure il nuovo Palazzo del cinema al Lido di Venezia disegnato da Rudy Ricciotti e ingoiato, insieme alle logiche da Protezione civile che l’hanno sorretto, nel colossale buco che ancora troneggia davanti al vecchio Palazzo del cinema. E che ne sarà dei tre grattacieli di City Life a Milano, firmati da Zaha Hadid, Arata Isozaki e Daniel Libeskind? Oppure del contestatissimo Crescent che Ricardo Bofill sta realizzando a Salerno e il cui cantiere è stato appena sequestrato? Un altro caso è a poche decine di metri dalla Nuvola e la sua storia è strettamente intrecciata all’opera di Fuksas: il progetto, ora abbandonato, che Renzo Piano aveva realizzato per sostituire le due Torri di Cesare Ligini, che — altri scheletri — svettano davanti al laghetto dell’Eur.
Spostando l’obiettivo dal campo lungo al dettaglio scopriamo una Nuvola di ambizioni frustrate.
La storia della Nuvola è emblematica di una relazione poco felice con il contesto. Comincia nel 2000, quando Fuksas vince un concorso per il nuovo Centro congressi della capitale. Disegna una teca d’acciaio e vetro alta 40 metri che racchiude, sospesa, una struttura in fibra di vetro e silicone. Totale: 27mila metri cubi. Architettura ardita, coperta di lodi e di polemiche. Il costo iniziale è di 130 milioni. Ma si arriva al doppio: l’appalto è fissato a 273 milioni. Come finanziare la spesa? Eur Spa, il committente dell’opera (per il 90 per cento di proprietà del ministero dell’Economia, per il 10 del Comune di Roma), si indebita con le banche e spera di ottenere quattrini da alcune operazioni immobi-liari, spremendo soldi con spericolate scorribande che si abbattono sui suoli dell’Eur, i suoli pubblici che Eur Spa amministra come un privato.
(Foto LaPresse)