TORINO – Pane e salame, solarium e persino una lavatrice le voci tra i 900mila euro di rimborsi chiesti dai consiglieri indagati per le “spese pazze” in Regione Piemonte. Sono 43 i consiglieri indagati, tra cui il governatore Roberto Cota, della Lega Nord, e l’ex presidente Mercedes Bresso, del Pd. Il 26 novembre la riunione in consiglio è finita in rissa, tra Franco Botta, Roberto Placido e Aldo Reschigna.
Claudia Guasco su Il Messaggero scrive che tutto inizia con l’arrivo in consiglio di Cota, che rivendica la sua innocenza:
“«Questa assemblea è sotto attacco – esordisce – Da una semplice notifica di chiusura indagini è partita una violenta campagna diffamatoria, un vero e proprio attacco alla democrazia rappresentativa. Ricordo che sono previsti tre gradi di giudizio e che in questa fase non è scontato neppure il primo. Non sono qui per difendere me stesso, ma un’istituzione. Non vi è alcuna delegittimazione nei confronti di chi oggi ha l’onore e l’onere di guidare il Piemonte nel momento più delicato e difficile della sua storia recente»”.
Poi la parola va alla Bresso, indagata per finanziamento illecito ai partiti:
“«Ritengo che questa legislatura sia finita, lo chiedono i piemontesi»”.
Ed è allora che parte la rissa, scrive Il Messaggero:
“Botta – primo nella poco lusinghiera classifica degli scontrini sospetti con 79.051,94 euro in gioielli, profumi e articoli per la casa – dà fuoco alle polveri: «Non accetto giudizi da parte di chi normalmente sta a Parigi o a Strasburgo e pretende di conoscere le esigenze dei piemontesi». Il capogruppo del Pd Aldo Reschigna (2.400 euro contestati) si alza e difende la ex presidente, ma a questo punto la situazione è fuori controllo. Placido, uno dei pochi non indagati, e Botta finiscono a terra, dal centrodestra si alzano le urla: «Botta non è un animale». Il capogruppo di Fratelli d’Italia ha un sussulto e si rivolge al centrosinistra gridando: «Comunisti». Alla Bresso non resta che rinunciare all’intervento: «Spero che questa legislatura termini presto»”.