MILANO – Ruby fa vedere il passaporto “con la scritta Mubarak” e piange davanti al tribunale di Milano. E spiega: “Sono stata io a trarre in inganno Berlusconi, facendogli credere che ero la nipote” (di Mubarak). E’ un vero e proprio show quello della ragazza marocchina, “regina” dell’inchiesta su Berlusconi, Nicole Minetti, Emilio Fede, Lele Mora. Inchiesta che da lei prende il nome.
La ragazza, che non è testimone, si è presentata davanti al Palazzo di Giustizia per leggere un comunicato in cui ribadire la “sua” verità sulla vicenda. E’ stata l’occasione per dire: “I magistrati e la stampa mi hanno violentata”, indagando sulla mia vita intima, facendomi domande di natura sessuale”.
Passaporto con Mubarak
Innanzitutto Ruby ha mostrato ai cronisti un suo vecchio passaporto, facendo vedere che in quel documento compariva il nome ‘Mubarak’, aggiunto per attribuirsi una finta parentela con l’ex presidente egiziano. La ragazza si è scusata per aver detto questa ed altre “bugie” anche a Silvio Berlusconi, ”ma volevo una vita diversa e ora ne pago il conto”.
”Presentarmi come la nipote di Mubarak mi serviva per costruirmi una vita parallela, diversa dalla mia. Mi serviva a mostrare un’origine diversa, lontana dalla poverta’ in cui sono nata e cresciuta e dalla sofferenza che ho patito prima e dopo aver lasciato la mia famiglia in Sicilia”.
I magistrati mi danno della “prostituta”
Aggiunge Ruby: ”La colpa della mia sofferenza è anche di quei magistrati che, mossi da intenti che non corrispondono a valori di giustizia, mi hanno attribuito la qualifica di prostituta, nonostante abbia sempre negato di aver avuto rapporti sessuali a pagamento e soprattutto di averne avuti con Silvio Berlusconi”.
Ruby si dichiara ”vittima di uno stile investigativo” e di un ”metodo fatto di domande incessanti sulla mia intimità, le propensioni sessuali, le frequentazioni amorose, senza mai tenere conto del pudore e del disagio che tutto ciò provoca in una ragazza di 17 anni”.
”La violenza che più mi ha segnato – ha scritto Ruby – è stata quella di essere vittima di uno stile investigativo fatto di promesse mai mantenute di aiutarmi a trovare una famiglia e di proseguire gli studi”. Di fronte, si legge ancora nel testo, ”alla pressione incessante dei magistrati ho ceduto: era piu’ facile dire si’ e raccontare storie inverosimili, piuttosto che farmi angosciare o peggio far accettare la verita’ che avrei voluto raccontare”.
E oggi, quindi, ha deciso di ”parlare” per rispondere a chi, ”magistrati e giornalisti inclusi, mi ritiene una poco di buono”. Secondo la ragazza, ”la decisione dei giudici di Milano e dei difensori di Silvio Berlusconi di non ascoltarmi come teste mi ha danneggiato”. Tanta gente, ha scritto ancora la marocchina, la considera ”una prostituta, sebbene il processo Ruby abbia dimostrato il contrario”. Nel testo la giovane parla di una ”vera e propria tortura psicologica” ai suoi danni e di una ”guerra” nei confronti di Berlusconi ”che non mi appartiene, ma che mi coinvolge, mi ferisce”. Per tutto questo chiede ”di essere sentita dai giudici di Milano, per raccontare la verita’ e impedire a chiunque di offendermi ancora per qualcosa che non ho fatto”. E conclude: ”Voglio che mia figlia sia fiera di sua madre”.
La stampa mi ha violentata
”Voglio che si sappia che la colpa e’ di quella stampa che per colpire Silvio Berlusconi ha fatto del male a me. Parlo di quei giornalisti che mi hanno violentato pubblicando le intercettazioni telefoniche che mi riguardavano”. La ragazza ha spiegato di essere stata ”umiliata per troppo tempo” e, ha aggiunto, ”se questo e’ il Palazzo di Giustizia voglio che giustizia sia fatta”.
Foto Ansa
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