ROMA – I parenti dei sette operai dell’ acciaieria Thyssenkrupp di Torino morti nel rogo del dicembre del 2007 sono arrivati davanti alla Cassazione con degli striscioni nei quali chiedono giustizia per la tragica morte dei loro cari.
Innanzi alle Sezioni unite penali della Suprema Corte, oggi 24 aprile iniziano le udienze a porte chiuse, in Camera di Consiglio. Il verdetto è atteso in serata. Il primo presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce, presiede il collegio e ha fatto sapere che non contingenterà i tempi delle arringhe per la delicatezza degli argomenti trattati.
L’udienza è cominciata con la relazione del consigliere Rocco Baiocca che ha ricordato come la vicenda sia “molto complessa” e come sia risultato “l’inefficienza e l’idoneità dei meccanismi di emergenza dello stabilimento a svolgere le loro funzioni: la situazione dell’impianto era di grave degrado, la pulizia non era accurata mentre è importante che in strutture di questo tipo sia rimossa la presenza di materiale infiammabile”.
Baiocca ha proseguito rilevando che dopo l’incendio “gli ispettori della asl rilevarono ben 116 violazioni” delle prescrizioni sulla sicurezza. Il relatore ha inoltre ricordato i tentativi degli operai di spegnere il rogo ma “il primo estintore risultò non funzionante, venne poi srotolata una manichetta antincendio ma l’apparato di spegnimento non funzionò per la mancanza di pressione”. “Anche l’operazione di allarme risultò farraginosa ed impossibile – ha spiegato Baiocca – perché non funzionava il collegamento con l’esterno: l’allarme venne infatti dato da uno degli operai con una telefonata effettuata dal suo cellulare”. Anche i mezzi di soccorso “ebbero difficoltà ad entrare nello stabilimento”. Baiocca ha ricordato anche che gli investimenti alla Thyssen di Torino erano cessati dal 2006 e che i lavoratori non avevano ricevuto alcuna formazione professionale “per mettersi in salvo dal rischio del flash fire” in una struttura dove “gli incendi erano quotidiani”.
(Foto Ansa)