La presidenza degli Stati Uniti e’ in vendita e la Casa Bianca è sul mercato per 2,5 miliardi di dollari. E’ questo il senso della copertina choc intrisa di tetro umorismo dell’ultimo numero dell’edizione americana di Time, tutto dedicato alla campagna elettorale piu’ costosa e anche piu’ negativa della storia.
Nella foto, ‘postata’ anche su www.potus2012, si vede un cartello piantato sul giardino davanti alla palazzina di 1600 Pennsylvania Ave. con su scritto ”For Sale’ (In Vendita)e poi, aggiunto in basso a penna, ‘asking 2,5 billion’. E sotto il titolo della cover story:’Come comprare la Casa Bianca’.
I pezzi portanti della rivista sono due: il primo ”Il ritorno dell’architetto”, dedicato alla ricomparsa in campo dello spin doctor preferito da George W. Bush, il controverso Karl Rove, che con la sua macchina raccogli soldi Crossroads sta guidando i repubblicani alla riconquista della presidenza.
E poi il secondo, dal titolo ‘Il declino del piccolo donatore’, in cui si descrive lo squilibrio tra i grandi finanziatori, soprattutto a favore di Romney, e i contributi dei semplici cittadini comuni, in larga parte dalla parte di Barack Obama. Insomma, dice Time, oggi si diventa presidenti degli Stati Uniti a suon di centinaia di milioni di dollari e vince chi ne rxaccoglie di più.
Tutti, infatti, all’interno dell’organizzazione ‘Obama for America’ sono convinti che stavolta perderanno la corsa dei soldi. ”Non siamo spaventati, siamo realisti”, spiega Jim Messina, il manager della campagna Obama 2.0. E dire che la raccolta sta andando meglio di quattro anni fa: nel solo mese di giugno, lo staff democratico ha raggranellato 112 milioni di dollari tra i piccoli donatori, quelli con donazioni sotto i 200 dollari. Molti di piu’ dei 93,6 raccolti nello stesso giugno del 2008.
Tuttavia, c’e’ poco da fare contro il ‘big money’ messo in campo dai supermiliardari a sostegno di Mitt Romney. A muovere i fili, dietro le quinte, c’e’ sempre Karl Rove. ”Mi sto divertendo un mondo”, confida Rove al cronista Michael Crowley. Nel suo ufficio di Washington, c’e’ un trolley accanto alla scrivania. Nell’ultimo anno ha trascorso 110 giorni in Texas, 77 a Washington e il resto ‘on the road’, in giro a raccogliere fondi per la sua organizzazione milionaria, che in questi mesi ha prodotto costosissimi spot negativi, tutti contro Obama e la sua amministrazione.
Il suo capo staff e’ la giovane Sheena Tahilramani, che Rove chiama affettuosamente Data Girl, con le maiuscole, come fosse un ‘supereroe’ dei fumetti. ”E’ lei che mi fornisce continuamente le informazioni di cui ho bisogno”. Sul suo computer due file, uno dedicato al ‘Team Obama’, l’altro al partito repubblicano, con su scritto ‘The Good Guys”, i bravi ragazzi.
Lo sguardo di Rove e’ spiritato come nei giorni di fuoco a fianco di Bush figlio. Ama lo scontro, la polemica. Lui stesso racconta che pochi giorni fa ha salutato un nuovo vicino che portava a spasso il suo cane. E dopo essersi presentato, quello ha risposto: ”Guardi che la conosco. E’ lei che ha portato alla rovina il nostro Paese.”. E mentre riferisce l’episodio, si mette a ridere e poi aggiunge: ”Vedete, io non sono un essere umano, sono un mito”.