“Cupio dissolvi”, voglia di autodistruzione del Pd

Bersani: ascolto ma non capisco

“Cupio dissolvi”.

È una delle cause della crisi del Pd, secondo Filippo Ceccarelli di Repubblica. Cupio dissolvi, voglia di svanire nel nulla, di sciogliersi nel nulla, di abbandonare ogni volontà di azione e lasciarsi andare: autodistruggersi.

Rintracciando le cause della crisi di oggi negli errori delle origini, peraltro recenti, del Partito Democratico e delle origini remote dei progrenitori, la Democrazia cristiana e il Partito comunista, Filippo Ceccarelli elenca i mali di oggi che fanno compagnia al cupio dissolvi:

“rancori, tradimenti”. [Mentre] la “fusione a freddo” [è stata] il peccato originale”.

Sentenzia Ceccarelli, forse un po’ precipitoso:

“I partiti del resto muoiono proprio così”, a cominciare dalla “fine della simbolica candidatura di Prodi, che se ne stava in Mali. […] Ma poi anche: fine di un equivoco. Tale è da considerarsi il Pd nel giorno in cui la mattina i suoi parlamentari acclamano — si badi: acclamano — il fondatore dell’Ulivo, l’unico che ha sconfitto per due volte Berlusconi, e cinque ore dopo cento e uno di loro lo fanno secco con una o più congiure di Palazzo eventualmente intrecciatesi l’una con l’altra, ma senza che occhio o cervello o cuore riescano a individuare non solo chi le ha ideate, organizzate e ne ha fatto parte, ma neanche per quali obiettivi a corto, medio o lungo termine. Ieri l’altro era toccato al povero Marini”.

E ancora:

“Fine della breve e travagliata leadership di Bersani, che in questi giorni si è visto solo in foto mentre si stringeva ad Alfano. Fine di un gruppo dirigente di ambiziosi, rancorosi e agitatissimi oligarchi, di cui pure si sono perse le tracce negli anfratti di Montecitorio. Fine del Partito democratico, il più sfortunato della storia repubblicana dopo il Partito d’Azione, ma molto meno nobile e onesto e intransigente, anzi proprio il suo contrario”.

Le cause?

“Il ritardo con cui il Pd è nato. Il suo peccato originale, la fusione a freddo. La mancata osmosi della cultura della Dc e di quella comunista. L’aver preso i rispettivi vizi di quei due ormai estenuatissimi partiti, cioè correntismo spasmodico e centralismo democratico, più una certa voracità da ceti rampanti di marca craxoide. Quindi la pochezza del dibattito culturale. La stanchezza della democrazia interna. […] La subalternità estetica ai modelli berlusconiani.

[…]

“La mediocrità della classe dirigente e parlamentare promossa con elezioni primarie per lo meno malintese, se non manipolate — vedi i cinesi a Napoli e i rom a Roma — con l’aggravante di una furbizia da scemi”.

 

 

 

 

 

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