“Come lo chiamate il bidet in Romagna?” chiese Gabriele D’Annunzio a Benito Mussolini.
Mussolini, racconta Giuseppe Scaraffia,
“arrossendo, era stato costretto a rispondere che da loro il bidet non c’era”.
L’episodio è riferito da Scaraffia nella presentazione del libro di Giordano Bruno Guerri “La mia vita carnale. Amori e passioni di Gabriele d’Annunzio”, editore Mondadori. Il 12 marzo 2013 fanno 150 anni dalla nascita del “Vate” e il libro di Guerri è una delle tante iniziative celebrative.
Gabriele D’Annunzio non amava Mussolini e, volendo metterlo in imbarazzo, durante una visita del Duce al Vittoriano, la casa mausoleo di D’Annunzio, gli chiese:
“Secondo te qual è l’equivalente italiano della parola bidet?”
per poi elencare all’imbarazzato Duce
“una serie di possibili versioni italiane, da “bidetto” o “bagnarola”, consultandolo continuamente,”
in un piccolo gioco crudele. Mussolini aveva avviato la campagna per sostituire alle parole straniere la traduzione in italiano, anche quando si sfiorava il ridicolo (così golf era diventato farsetto) mentre D’Annunzio era un ardito sperimentatore di neologismi, con frequenti citazioni (forse persino troppe, segno di provincialismo) in lingua straniera, e l’ardito uso, ancora alla fine dell’800, di parole come “flirtation”, proprio così, da flirt.
Poi l’affondo finale, quando appunto D’Annunzio aveva chiesto a Mussolini come lo chiamavano in Romagna, terra natale del Duce.