La vicenda dei marò italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, nelle mani della “giustizia” indiana dal febbraio del 2012, con l’accusa di avere ucciso due pescatori indiani in acqua internzionali, avendoli considerati pirati, è una
“indegna vicenda”,
ormai avvolta da una
“atmosfera di dimenticanza e di rassegnazione”.
La polemica è sollevata su Repubblica da Mario Pirani, coscienza critica della sinistra.
Pirani sostiene che, nel dramma dei marò, Girone e Latorre,
“il comportamento delle nostre autorità militari e civili appare biasimevole, debole e incerto da molti punti di vista. Una volta ancora è rifulsa la innata tendenza ad affondare nelle brutte figure, tanto che si può dire che gli unici a salvarsene sono stati i due marò che in ogni apparizione pubblica hanno mostrato una esemplare compostezza, una eleganza degna di una forza armata di livello internazionale, il silenzio dignitoso di chi è fedele, anzitutto, alla Bandiera, non pietisce favori, pretende giustizia”.
Mario Pirani è molto critico nei confronti delle autorità italiane, che poi vuole dire Ministero degli Esteri (ricordiamo il comportamento inqualificabile dell’allora ministro Giulio Terzi e del sottosegretario Staffan De Mistura) e Ministero della Difesa, che si è ben presto defilato per evitare gli schizzi delle figuracce degli Esteri, ma è anche critico verso la ministra degli esteri della Unione europea, “la sprovveduta” Lady Ashton che ha definito i nostri militari “contractors”.
Questo, per Mario Pirani, è un
“aspetto gravissimo, non ancora risolto neppure dopo questa crisi: la confusione nelle linee di comando che governano l’impiego della marineria militare italiana imbarcata su navi civili come scorta. Questi marò non sono contractors, anche se la loro spesa è rimborsata dagli armatori al ministero della Marina. Membri delle Forze Armate hanno diritto di operare nell’ambito di regolari catene di comando e di non essere soggetti alle trovate improvvide di qualche armatore privato”.
A fronte del comportamento dei due marinai, le autorità italiane, secondo Mario Pirani, sembrano rassegnate
“alla scappatoia di fare scontare in patria una eventuale condanna inflitta altrove. Un precedente gravissimo in cui da parte italiana si riconoscerebbe l’obbligo di sottoporre a giudizio penale, condotta da forze estere, membri delle proprie forze armate per un’azione svolta nell’ambito e secondo le regole di una missione internazionale. Neppure in regime armistiziale dopo l’8 settembre subimmo una umiliazione simile”.
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