SYDNEY – Il documentario del massacro dei canguri divide l’Australia. Il filmato, di un’ora e 43 minuti, è stato girato dai registi-animalisti Kate e Michael McIntire, ed ha un titolo che rende chiaro subito l’argomento: Kangaroo: A Love-Hate Story (Canguri, una storia di odio-amore).
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Il documentario mostra l‘abbattimento selettivo e lo sfruttamento commerciale dei canguri, e ha scatenato una guerra aperta tra gli animalisti e chi lavora nei settori della carne e della pelle di canguro, oltre ai rappresentanti degli allevatori e degli agricoltori che combattono come animale nocivo l’animale simbolo dell’Australia.
Nel filmato ci si domanda se la “patria dei canguri” stia spingendo verso l’estinzione l’iconico marsupiale, la cui popolazione delle varie specie tuttavia si aggira sui 45 milioni. Il film ha sollevato, in particolare negli Stati Uniti, accuse di una mancanza di tutela dell’animale, ma ha attirato pesanti critiche dagli operatori dell’industria dei canguri, che lo hanno bollato come “montatura” e temono possa compromettere il fiorente mercato di esportazione di carne di canguro.
Il documentario denuncia aspetti dell’uccisione commerciale, dalle accuse di crudeltà ai rischi alla salute associati con il trattamento delle carcasse. Suggerisce inoltre che vi sono differenti opinioni fra gli scienziati sulla metodologia e l’accuratezza nel calcolare le popolazioni delle diverse specie. E sostiene che non viene spesso rispettato il severo codice di condotta nazionale per l‘uccisione compassionevole e per il trattamento degli animali e dei piccoli nel marsupio di una madre uccisa.
Nell’insieme il film ricorda come l’animale sia un simbolo nazionale riconosciuto globalmente: è il logo della compagnia aerea di bandiera e il nome della squadra nazionale di diversi sport. Tuttavia, come suggerisce il titolo, descrive una relazione con gli australiani non indigeni più complicata e contraddittoria. E’ una grande attrazione turistica, ma per allevatori e agricoltori è un animale nocivo, una minaccia.
“Ovunque siamo andati a filmare nell’Australia rurale abbiamo trovato espressioni di odio verso i canguri, e ci siamo resi conto di dover risalire alla colonizzazione europea, per almeno cercare di capire perché l’animale sia così diffamato”, hanno detto nelle interviste i registi, che hanno rintracciato e incluso nel film materiale dei primi anni della colonizzazione, sull‘uccisione indiscriminata dei canguri. “E’ stato allora che ci siamo resi conto che i canguri sono stati visti sin da allora come un problema. Per questo abbiamo pensato che ci fosse una buona storia da raccontare: non riuscivamo a capire e ancora non ci riusciamo, come un animale possa essere così amato e allo stesso tempo così diffamato”.