ROMA – Alberto Sordi avrebbe voluto fare un film su Benito Mussolini in una versione più “casalinga” e inedita, ma dovette abbandonare l’idea per le minacce che gli arrivarono dal Sud America.
La storia è saltata fuori grazie al libro “Alberto Racconta Sordi” di Maria Antonietta Schiavina che – come scrive Arianna Finos su La Repubblica – verrà pubblicato il 15 giugno in occasione del centenario della nascita dell’attore romano.
Sordi è sempre stato molto geloso della sua vita privata, per questo il libro Alberto Racconta Sordi di Maria Antonietta Schiavina sarà molto interessante da leggere per i fan dell’attore romano, come dimostrano alcune anticipazioni pubblicate dal quotidiano La Repubblica.
La Schiavina ha incontrato numerose volte l’attore raccogliendo gustosi aneddoti, come quello del film su Benito Mussolini.
“Un duce casalingo raccontato tra le quattro mura con moglie e figli”. Il duce pantofolaio di Sordi avrebbe preso anche “degli sganascioni dalla maglie Rachele”. Il motivo per cui questo progetto non è andato mai in porto lo spiegò lo stesso attore: “Mi arrivarono minacce fin dall’America del Sud, lasciai perdere per non avere grane, ma sarebbe stato un successo”.
C’è anche un capitolo, il primo, dedicato alle donne: “Milano fu l’anticamera di un Eden che mi accompagnò dal 1936, quando entrai nella compagnia Riccioli- Primavera, 42 ballerine da tutto il mondo, abbastanza disponibili”.
La sua versione sul perché si è fidanzato sempre, sposato mai, “non ho conosciuto la persona che mi ha fatto pensare: questa me la sposo. Ritengo il matrimonio indissolubile, ma sono costituzionalmente traditore”.
“Per anni ho tenuto in tasca l’immagine di un bimbo bellissimo. Quando ero con i colleghi e si parlava di prole tiravo fuori la foto: ecco mio figlio, lo vedete quant’è caruccio? Mi davano del matto, rispondevo: non è il massimo del piacere immaginare di cullare una creatura confezionata che si vorrebbe mangiare a morsi?” spiegava Alberto Sordi.
Ma quel rimpianto di non aver mai avuto un figlio c’è sempre stato: “Mi ha accompagnato spesso ma mi sono consolato pensando se poi mi viene male, che faccio?”.
Sull’etichetta di avaro, nata ai tempi della Dolce Vita, chiariva: “Una giornalista scrisse che quando i colleghi erano in via Veneto, io stavo a casa per risparmiare. E pensare che a differenza di attori importanti, quando giravo un film non ho mai portato a casa i cestini del pranzo”. (fonte LA REPUBBLICA)