ROMA – Nel corso degli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, dal 13 al 15 febbraio 1945, le forze alleate bombardarono l’antica città di Dresda, nella Germania orientale.
In occasione del 75° anniversario, il Daily Mail, pubblica uno stralcio del libro “Into the inferno: 75 years on, the most horrifically vivid account of the Allied bombing of Dresde” di Victor Gregg, un fuciliere britannico testimone di quei quei tragici giorni, mentre era prigioniero dei tedeschi. Secondo quanto riporta il Daily Mail, fu un bombardamento controverso poiché l’apporto di Dresda allo sforzo bellico era minimo rispetto ad altre città tedesche, nonostante fosse un nodo di trasporto fondamentale usato dalle forze germaniche per difendere il paese da quelle sovietiche che si avvicinavano da est.
Prima del gigantesco raid aereo, Dresda non aveva mai subito un grave attacco alleato. Verso il 15 febbraio, tuttavia, fu distrutta, c’erano solo rovine: furono lanciati sulla città 2.400 tonnellate di esplosivi ad alto potenziale e 1.500 tonnellate di bombe. Persero la vita un numero sconosciuto di civili, morirono tra le 35.000 e 135.000 persone. Il fuciliere britannico Victor Gregg era uno dei centinaia di uomini prigionieri in Germania.
Nel settantacinquesimo anniversario dell’inizio del bombardamento, ha pubblicato il libro “Into the inferno: 75 years on, the most horrifically vivid account of the Allied bombing of Dresde”, il racconto come testimone oculare della devastazione della città. Nel libro, Gregg ricorda che detenuto in un’affollata prigione tedesca e in attesa di essere giustiziato con il compagno Harry, aveva visto il giorno trasformarsi in notte: era il 13 febbraio 1945. Verso le 22.30, le sirene dei raid aerei a Dresda – una delle città più belle della Germania – iniziarono a emettere un suono lugubre. Nessuna delle guardie sembrava aver notato nulla.
Gli abitanti pensavano che finché la Luftwaffe si fosse tenuta a distanza da Oxford in Inghilterra, la loro città non sarebbe mai stata bombardata”. Ma all’improvviso, le sirene si fermarono. Poi i bagliori riempirono il cielo notturno di luce accecante, pioveva fosforo bruciante nelle strade e negli edifici. Fu allora che “ci rendemmo conto che eravamo intrappolati in una gabbia con la possibilità che diventasse una fossa comune”. Presto iniziarono ad arrivare i razzi, poi le bombe: “una dopo l’altra in rapida successione come un rullo di tamburi”, scrive Gregg.
Si ruppe il vetro delle celle e in alcune entrò il fosforo che si attaccava sui corpi dei detenuti trasformandoli in torce umane. “Non potevamo fare nulla per aiutarli e dopo 30 minuti circa dall’incursione, una bomba è esplosa sull’intero muro della prigione”. “Tutto ciò che ricordo è di essere stato preso da una mano gigantesca che mi ha lanciato a quasi 50 metri, in un’altra parte dell’edificio. Poi tutto è diventato buio”. “Sono riuscito a liberarmi da alcune travi cadute e macerie, sono inciampato sui detriti e mi sono diretto dove avevo visto Harry l’ultima volta. L’ho trovato seduto contro un muro, coperto di polvere e immobile. Era morto”.
“Ho coperto Harry con il suo cappotto e sono uscito dall’edificio e mi sono ritrovato al centro di un enorme incendio. Il caldo era feroce”, ricorda Gregg. Uno spettacolo devastante: le vecchie case di Dresda cedevano una a una al fuoco e la maggior parte crollava sopra le cantine che la gente stava utilizzando come riparo. Intrappolati in quelli che si erano trasformati in forni, morirono bruciati lentamente. Quando il rombo degli aerei si attenuò, scrive il fuciliere, le persone iniziarono ad apparire dalle poche case ancora intatte, mentre altri sopravvissuti si arrampicavano attraverso enormi cumuli di macerie. Spuntò l’alba e dopo aver mangiato un po’ di zuppa calda, pane nero e caffè a base di ghiande, Gregg si unì a “una squadra di 40 uomini, tutti selezionati da un ufficiale tedesco. Non mi importava: anche se era l’odiato nemico rappresentava l’ordine nel caos”.
“Abbiamo iniziato a spalare le macerie nelle speranza di trovare persone ancora vive” ma Gregg aveva numerose vesciche sulla schiena per cui fu “mandato in un centro di soccorso fuori Dresda”. Le sirene ricominciarono a sibiliare e “Questa volta erano gli americani. Dovevano aver saputo che Dresda non aveva difese, in città sganciarono poche bombe, la maggior parte erano destinate ai cantieri ferroviari. Mi unii di nuovo al resto del gruppo per il lavoro straziante di aprire le cantine, trascinando fuori ciò che all’interno era rimasto delle persone”. Il terzo giorno Gregg si è unito agli equipaggi portando alla luce i rifugi seppelliti sotto tonnellate di macerie. “Di solito ci volevano un paio d’ore per entrare. Molti uomini non erano in grado di sopportare la vista dei cadaveri, alcuni erano così fragili che spostandoli provocavano una nuvola di cenere”.
Il quarto giorno presero il comando due nuovi leader, uno dei quali era un ragazzo in uniforme delle SS con in mano una mitragliatrice Schmeisser. In un rifugio trovarono quattro donne e due bambine rannicchiate insieme e ancora miracolosamente vive. Quella sera, “mi dissero che dovevo unirmi a un gruppo di British PoW, a meno che non volessi continuare i lavori di salvataggio per un altro giorno. La mia prima reazione è stata: “Bene, non vedo l’ora di tornare al mio stesso gruppo” ma poi ho pensato: e se i tedeschi avessero scoperto che ero stato condannato a morte? Per cui sono rimasto”. Il giorno successivo, all’alba Gregg si diresse verso l’area nord di Dresda e mentre “camminavo nessuno mi ha sfidato, vedevo persone che si spostavano a ovest, spingendo i loro beni più preziosi in piccoli carretti a mano, carrozzine, qualsiasi cosa avesse le ruote”.
“Stavano cercando di mettere quanto più distanza possibile tra loro e l’avanzata dell’Armata Rossa. Sembrava che l’intera Germania fosse in movimento. Dopo due giorni avevo camminato per circa 40 miglia”.
“Mentre scrivo ho 93 anni. L’orrore puro di ciò a cui ho assistito rimane impresso indelebilmente nella mia memoria, impossibile da eliminare e talvolta mi sveglia ancora di notte”.
“Ho tutto il rispetto per i coraggiosi ragazzi della RAF che hanno pilotato quei bombardieri. Ma credo che volendo distruggere il male del Terzo Reich, abbiamo commesso dei mali terribili”, l’amaro commento conclusivo di Gregg che a ottobre del 2019 ha festeggiato 100 anni.
Fonte: Daily Mail.