Wannsee, la conferenza che decise lo sterminio degli ebrei. Il libro dello storico Peter Longerich Wannsee, la conferenza che decise lo sterminio degli ebrei. Il libro dello storico Peter Longerich

Wannsee, la conferenza che decise lo sterminio degli ebrei. Il libro dello storico Peter Longerich

Wannsee, la conferenza che decise lo sterminio degli ebrei. Il libro dello storico Peter Longerich
Wannsee, la conferenza che decise lo sterminio degli ebrei. Il libro dello storico Peter Longerich

ROMA – Quella che è passata alla storia come “la conferenza di Wannsee”, fu la riunione che definì per il Terzo Reich, dal punto di vista organizzativo e giuridico, la soluzione finale della “questione ebraica”.  [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play]

Peter Longerich, professore di Storia della Germania moderna presso la Royal Holloway all’Università di Londra, ne approfondisce in questo libro, “Verso la soluzione finale”, il contesto storico nel quale venne convocata e le decisioni che dentro di essa, “verbale alla mano”, furono prese; perché durante la conferenza si stilò appunto un verbale, e delle trenta copie originali fatte, esattamente la sedicesima è l’unica ad oggi ritrovata.

Ed è proprio attorno a questo importante documento che ruota il saggio di Longerich. Il libro è organizzato in tre parti: nella prima sono riportati gli antecedenti della conferenza, ovvero quei fatti storici che tra il 1933 ed il 1941 ebbero come effetto quello di coltivare il seme della follia nazista che negli anni successivi germogliò poi nelle sue più tragiche conseguenze.

È in questa prospettiva che l’autore parla appunto di Judenpolitik, ovvero tutti i passaggi ideologici, politici, burocratici ed organizzativi che contribuirono in modo decisivo alla pianificazione della soluzione finale; è la “scatola degli orrori”: dal boicottaggio dei negozi e delle attività degli ebrei nel ‘33 alle leggi di Norimberga nel 1935, dalle prime sperimentazioni di nuove tecniche di sterminio di massa con i gas nel 1941 alle operazioni per la deportazione in una “riserva” fuori dai territori di influenza tedesca – “Operazione Nisko” e “Piano Madagascar” -, e poi c’è il 1939, data che segna l’inizio del conflitto bellico ma anche l’accelerazione della politica antisemita tedesca verso l’Olocausto.

Nella seconda parte invece, quella centrale, l’analisi storica si concentra sul verbale della conferenza. Intanto cominciamo con il dire che venne convocata per il 20 gennaio 1942. L’invito, a firma di Reinhard Heydrich, capo dell’Ufficio centrale per la sicurezza del Reich, fu spedito a tredici destinatari che Longerich divide in tre tipologie di gruppi: i “rappresentanti delle istanze centrali” – cioè funzionari pubblici di grado elevato – i “delegati delle autorità civili di occupazione” – Polonia ed Unione Sovietica – ed i “funzionari delle SS”.

Luogo scelto come sede della conferenza fu una sfarzosa villa nella periferia Est di Berlino sulle sponde del lago Wannsee, ed il verbale, quindici pagine in tutto, venne redatto da Eichmann, (nel libro è stata inserita una copia della versione originale, accompagnata da una gemella traduzione in italiano).

Leggendo le pagine con le quali Longerich interpreta il documento, si comprende che la conferenza è stata lo strumento che accelerò la corsa verso la “soluzione finale della questione ebraica”. Se infatti in un primo momento Heydrich ritenne che il “problema” dovesse essere definitivamente risolto dopo la fine del conflitto con un progetto globale elaborato nei dettagli, durante i lavori di Wannsee, e probabilmente in conseguenza delle notizie che arrivavano dal fronte, si decise invece, “mediando con le ragioni del più risoluto” Himmler, che comunque non era presente all’incontro, di procedere durante il conflitto, spostando il baricentro delle operazioni dall’Unione Sovietica alla Polonia, e legittimando l’utilizzo di tecniche di sterminio di massa.

Undici milioni erano gli ebrei, almeno così si legge nel verbale, interessati dal “trattamento” che i partecipanti di Wannsee andavano delineando. Ma su questo punto le problematiche erano diverse; non solo perché il conflitto bellico in corso non permetteva di fissare numeri precisi, ma anche perché l’annosa questione giuridica relativa alla definizione di ebreo, ancora non aveva trovato soluzione. Di una cosa comunque c’era certezza: la parola deportazione significava morte.

“La soluzione finale diventa realtà” è il titolo che l’autore sceglie di dare alla terza ed ultima parte del libro. È la fase “post-Wannsee”, dove molte delle «sensibilità» che erano emerse nella riunione del 20 gennaio del 1942 trovarono spazio per essere realizzate. E non resta quindi che leggere soprattutto l’elenco degli atroci eventi che l’autore sintetizza, per far comprendere la ferocia di quello che successe nel maggio/giugno del ‘42, dopo le tre terribili ondate di deportazione, quando le SS inasprirono ai massimi livelli la loro politica verso lo sterminio.

“Tutte queste stupide definizioni servono solo a legarci le mani” (pagina 146) scriveva Himmler il 28 luglio del ‘42 al capo dell’ufficio centrale delle SS. Evidentemente il “concetto” di ebreo non era stato ancora definito con esattezza e questo forse provocava ritardi nelle operazioni. La questione dottrinale quindi ha rappresentato per il Terzo Reich un punto sul quale la discussione non trovava una sintesi adeguata; tuttavia non fu questo per Himmler un motivo di rinuncia della sua visione: “Se inizialmente anche Himmler aveva perseguito lo scopo di sfruttare gli ebrei internati nei lager per un privato progetto orientale, da dopo pochi mesi, la sua idea di soluzione finale sfociò in una nozione di guerra totale insuperabile per radicamento ed in tutto conforme al pensiero di Hitler” (pagina 150).

Nonostante si comprenda dalla lettura di questo libro che alcune dinamiche storiche degli eventi citati non sono ancora rivelate nella loro totalità, appare comunque evidente che la conferenza di Wannsee rappresenti un fatto centrale per la comprensione della Judenpolitik; che non è stata di certo inventata in un solo giorno ma al contrario cullata per anni da un paese intero; che ha trovato nella condivisione di tutte le istituzioni del Terzo Reich, nessuna esclusa, la spinta propulsiva di cui aveva bisogno; e che negli anni finali del conflitto bellico è sembrata divenire la vera priorità della Germania che ormai voleva trasformare la guerra mondiale in una guerra di sterminio razzista.

“Interrogati all’indomani della guerra in merito alla conferenza, la maggior parte dei protagonisti disse di non ricordare quasi nulla o di non avervi mai partecipato” (pagina 147). Il verbale fu scoperto dagli alleati nel 1947 negli archivi di Martin Luther, sottosegretario al ministero degli Esteri, ed utilizzato come atto d’accusa nei processi contro il regime nazista.

“Verso la soluzione finale. La conferenza di Wannsee” di Peter Longerich, Einaudi, pp.205, € 26,00.

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