Da Lenin a Stalin: la formazione del sistema di potere sovietico, di Aldo Giannuli

di Emiliano Chirchietti
Pubblicato il 1 Dicembre 2017 - 06:30 OLTRE 6 MESI FA
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Da Lenin a Stalin: La formazione del sistema di potere sovietico, di Aldo Giannuli

ROMA – Il libro scritto da Aldo Giannuli, “Da Lenin a Stalin“, è un saggio dedicato alla comprensione dei fatti che caratterizzarono il passaggio di testimone da Lenin a Stalin, con l’obiettivo di documentare l’inesistenza di una diretta continuità tra le due fasi storiche.

Per farlo l’autore ricompone il “mosaico russo” che va dal 1923 al 1927, riportando in superficie non solo le dinamiche storiche che determinarono la progressiva divergenza tra leninismo e stalinismo, ma anche le traiettorie politiche degli uomini che ebbero un ruolo principale nel divenire delle vicende raccontate.

In questa prospettiva, la crisi del partito bolscevico, prodotta dalle ineludibili problematiche economico – sociali che attanagliavano la Russia, e dallo scontro interno per la successione a Lenin, è il punto dal quale Giannuli si muove per articolare il primo capitolo, nel quale viene ampiamente riportato non solo il dibattito sulla NEP ( Nuova politica economica ) che innervò tutto il partito, ma anche le prime schermaglie tra Trockij, considerato a tutti gli effetti il naturale successore di Lenin, e la Troika, composta da Stalin, Zinoviev e Kamenev, che ambiva a guidare il paese.

Nello scorrere delle pagine però, l’autore sposta gradualmente l’attenzione da questi temi verso un argomento che, rispetto ad altri, sostiene con più forza la tesi del libro, introducendoci ad una riflessione che ci porta direttamente dentro i meccanismi del partito comunista russo; diventa quindi centrale cogliere le crescenti preoccupazioni che tormentavano Lenin per la profonda mutazione che lentamente, ma progressivamente, andava cambiando la natura stessa del partito. Il leninismo esprimeva chiaramente la sua contrarietà per l’eccessiva burocratizzazione del partito. Il prevalere dell’apparatcik, non avrebbe aiutato il divenire del comunismo, ma semmai ne minava le fondamenta; una deriva pericolosa per la democrazia che la storia ci insegna avrà esiti drammatici.

Ma il problema democrazia, affiancato dallo scontro che si andava consumando sulle diverse prospettive in ambito economico, pur segnando una prima profonda frattura che divise la maggioranza da un’opposizione interna ancora agli albori, sono da considerarsi solo alcune delle ragioni per le quali la forbice tra leninismo e stalinismo si andava sempre più ampliando nel tessuto russo.

Le molte variabili che interagirono tra di loro in questa direzione, vanno ricercate anche nella spinta internazionalista che portò la questione russa ad oltrepassare i propri confini, per arrivare là dove Giannuli ci consiglia di guardare. Sono tre infatti i capitoli nel libro che si fanno carico di percorrere l’impervio tratto di strada nel quale il paesaggio è contraddistinto dalle vicende che accompagnano l’intero corso dell’Internazionale comunista.

Sono gli anni nei quali a prevalere è l’urgenza di spostare su di un piano internazionale la lotta di classe, nella convinzione che questa mossa avrebbe aiutato il dilagare della rivoluzione in molti altri paesi, a scapito di una socialdemocrazia ritenuta ormai ad un passo dall’oblio.

La risposta della storia però fu diversa: la socialdemocrazia crebbe e la rivoluzione internazionale non andò oltre il proprio annuncio.

Le conseguenze politiche prodotte dall’incapacità di cogliere i segnali che anticipavano il nuovo equilibrio internazionale, ebbero come effetto di acuire lo scontro interno al partito comunista russo, al quale l’autore dedica ampio spazio nel libro. Trockij è forse l’esponente politico che più emerge nella ricostruzione della feroce contrapposizione tra minoranza e maggioranza che si innesca nel Comitato Centrale e poi, a seguire, nel partito fino a lambire le piazze.

Di Trockij sono riportate gran parte delle iniziative politiche, che lo affermarono capo indiscusso dell’opposizione ma che allo stesso tempo lo destinarono ad una sconfitta su tutti i fronti che aveva aperto. Gli eccessivi tatticismi di quest’ultimo, convinto sostenitore di una politica fatta di « limature » e di documenti, fanno da contraltare ad uno Stalin  sempre più determinato ad eliminare qualsiasi spazio di dibattito e ad imporre una linea politica per realizzare il socialismo in un solo Paese.

Giannuli non tarda ad evidenziare come quest’ultimo aspetto segna un’ulteriore divergenza tra leninismo e stalinismo, perché, come è vero che la rivoluzione internazionale auspicata da Lenin non infiammò l’Europa, è altrettanto vero che la percezione politica che la lasciava intendere rappresentava l’esatto contrario di quella prospettata da Stalin. La rivoluzione internazionale non simboleggiava più gli interessi dello stato sovietico che, invece, iniziava a guardare con interesse ad un modello di espansione fondato sul progressivo assoggettamento dei paesi satellite.

La rottura che si consuma con questo ulteriore passaggio è talmente evidente che, conseguentemente, Zinoviev e Kamenev, abbandonano la Troika e vanno a formare, tra il 1926 ed il 1927, l’opposizione unificata insieme ai trotskijsti, ai centralisti democratici e al gruppo dell’Opposizione Operaia.

Tuttavia, il blocco di potere che Stalin aveva formato era talmente forte e radicato, che l’opposizione, nonostante una fase favorevole, culminata nella stesura della Piattaforma dell’Opposizione Unificata, non riuscì ad imporsi, andando incontro ad una pesante e definitiva sconfitta.

“Con la fine dell’Opposizione Unificata [ si legge nella parte finale del libro ] si concludeva un ciclo decennale iniziato con la rivoluzione di ottobre: il movimento comunista internazionale assumeva definitivamente la costruzione del socialismo in URSS come suo obiettivo centrale e, peraltro, la stessa parola « socialismo » assumeva ormai definitivamente, contenuti e significati assai distanti da quelli che avevano avuto nelle giornate dell’Ottobre ”.

In totale i capitoli di questo libro sono sette, corposi e nutriti da una ricostruzione che raccoglie, attorno al tema centrale, tanto materiale storiografico, fondamentale aiuto per il lettore che, ad un primo approccio, potrebbe valutare questa lettura una ripida scalata; c’è anche un’Appendice ( La rivoluzione e il settantennio comunista nella storiografia posteriore alla fine dell’Urss ) che si chiude con una considerazione che potrebbe anche suonare come un monito, perché talvolta, i nodi della storia sono troppo stretti e per essere sciolti occorre del tempo: “ Nel complesso, la storia del comunismo mondiale è ancora da scrivere ed occorrerà farlo in un’ottica necessariamente legata ai processi di globalizzazione in atto.”.

Da Lenin a Stalin: La formazione del sistema di potere sovietico 1923 – 1927, di Aldo Giannuli, Mimesis Edizioni, pp. 310, € 9,90 versione eBook.