Dalla collezione di The Atlantic. Hai mai provato a vendere un diamante?

La rivista americana The Atlantic ha ripreso, in una collezione postata sul sito una serie di articoli dedicati agli intrecci tra amore e politica, pubblicati a partire dal 1938. Vi proponiamo un estratto di uno dei post.

La vera storia dei diamanti e di come siano diventati il simbolo universale dell’amore, è invece raccontata da Edward Jay Epstein in “Have you ever tried to sell a diamond?”, pubblicato nel febbraio del 1982. L’articolo ricostruisce la storia della De Beers, corporation che detenne il monopolio nel commercio dei diamanti per oltre un secolo, dal 1888 alla metà degli anni ’80 del Novecento.

La scarsità delle pietre preziose – argomenta Epstein – sarebbe stata semplicemente un’illusione, creata per mantenere il prezzo dei diamanti innaturalmente alto. Allo stesso scopo, perché il prodotto avesse successo sul mercato nonostante il costo elevato, numerose campagne pubblicitarie furono dedicate, dagli anni ’30 agli anni ’70, a veicolare l’immagine della gemma come simbolo dell’amore eterno e insieme status symbol che certificasse agli occhi della gente il successo economico (degli uomini) e sentimentale (delle donne).

“Un diamante è per sempre” fu, così, lo slogan coniato dai pubblicitari al servizio di Harry Oppenheimer (figlio del fondatore della De Beers) non solo per esaltare la valenza romantica dell’oggetto, ma soprattutto per dissuadere le donne (e i loro mariti) dal venderlo. Una mossa necessaria per poter controllare la quantità di pietre immessa sul mercato e poter così mantenere inalterato il loro prezzo.

Fu questo il principale cardine della politica di Oppenheimer, che – pur di mantenere il monopolio del business e aumentare esponenzialmente, anno dopo anno, la sua fortuna – strinse un accordo segreto (negli anni ’50, in piena Guerra Fredda) con i russi che avevano scoperto alcune produttive miniere in Siberia per farli entrare nel cartello nato in Sud Africa 70 anni prima.

Per far crescere la domanda, il manager esportò la propria campagna pubblicitaria anche in Giappone (dove riuscì a vincere le resistenze della tradizione che nemmeno l’occupazione aveva scalfito) e, contemporaneamente, siccome i diamanti russi erano molto più piccoli, diversificò la propria strategia negli Stati Uniti, inventando anelli realizzati con costellazioni di piccole pietre dedicati alle donne più mature.

Un regalo che promosse come il pegno del rinnovato amore per le coppie già sposate da anni, attraverso una nuova martellante campagna che si basava su un approfondito studio psicologico delle dinamiche che intercorrono nelle relazioni uomo-donna. «Ancora una volta, i sentimenti nacquero dalla necessità: le donne americane più anziane ricevettero in dono anelli di piccoli diamanti perché una corporation del Sud Africa che aveva bisogno di accontentare l’Unione Sovietica».

La severa politica di controllo dell’offerta e della domanda venne, alla fine, sconfitta da un tentativo dei commercianti israeliani di “truffare” il sistema per entrare in concorrenza sul loro mercato (un piano che fallì, ma causò alla De Beers ingenti perdite economiche perché dovette acquistare i diamanti che prima i venditori e poi le banche avevano accumulato negli anni) e dalla scoperta, all’inizio degli ‘80 in Australia, di nuove miniere, che la corporation non riuscì a mettere a servizio del cartello.

Precedenti estratti: Amore e democrazia in America, Far l’amore in stile Singapore.

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