Democrazia e popolo: a Monti non piacciono (nel suo ultimo libro)

Pubblicato il 30 Novembre 2012 - 07:44 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Mario Monti autore di libri è stato stroncato da una feroce recensione di Diego Gabutti per Italia Oggi dedicata al libro scritto insieme con la europarlamentare francese Silvie Goulard: «La democrazia in Europa. Guardare lontano», Rizzoli, pp. 216, 18,00 euro.

Nella sintesi del titolo c’è il tono della critica: “Monti, lasciate fare alle élites. Il popolo, poraccio, pretende sempre di ottenere dei favori”.

I due autori, sostiene Gabutti, sono

entrambi persuasi, un po’ come chi si crede Napoleone o Carlo Magno, d’essere guidati «da Tocqueville» in questa loro «riflessione sulla democrazia in Europa, proprio come Dante» quando «si affida alla guida di Virgilio nella Commedia».

In realtà, i passi citati da Gabutti più che a Dante fanno pensare a un tema di terza media. Vediamo questo sulla Commissione europea che

“è malvista perché, quando svolge bene il suo lavoro, è in grado di fare luce su questioni delicate e di rimettere al proprio posto i governi indelicati. (…) Le si rimprovera di non essere eletta da nessuno, ma se si facesse prendere in un qualche gioco delle parti, come potrebbe continuare a esercitare la sua funzione di arbitro? Come farebbe una Commissione «di sinistra» ad approvare la politica di un governo socialista senza essere accusata di favoritismo? O a rifiutare la proposta di budget di un governo «di destra» senza essere tacciata di parzialità? E viceversa”.

 

E questa:

“In una Unione che si vuole pienamente democratica, il principio “una testa, un voto” deve essere applicato alla lettera? Si tratta d’una questione complessa”. Specie quando si pensa, aggiungono gli autori della Democrazia in Europa, che «nella memoria e nell’inconscio dei popoli sono ancora radicate paure legate a determinati fatti storici. Ricorrere al concetto astratto della “democrazia” senza vedere i pericoli di una tale pratica potrebbe causare non pochi danni”.

Prosegue Gabutti con la

“citazione d’una citazione. Goulard e Monti citano dai Federalist Papers di Alexander Hamilton, e persino le parole del primo segretario al tesoro degli Stati Uniti d’America qui suonano un po’ sinistre: «Che le opinioni del popolo, quando siano ragionevoli e mature, debbano dirigere la condotta di quelli cui ha affidato i suoi affari, è ciò che risulta naturalmente dallo stabilimento di una Costituzione repubblicana; ma i princìpi repubblicani non esigono affatto che ci si lasci impressionare dal minimo vento delle passioni popolari, né che si debba obbedire a tutti gli impulsi momentanei che la massa può ricevere dalla mano artificiosa di coloro che ne accarezzano i pregiudizi per tradirne gli interessi. Il popolo generalmente non desidera altro che il bene pubblico, questo è vero: ma esso sbaglia spesso nel cercarlo».

Gabutti si chiede:

è difficile capire come questo c’entri con la liquidazione delle democrazie nazionali, e anche un po’ della democrazia tout court, da parte degli autori della Democrazia in Europa, che, smentendo il loro stesso titolo, si spingono fino a sostenere (come si deduce dalla prima citazione, più sopra) che la legittimità della governance europea si fonda proprio sul fatto di non essere eletta, altrimenti l’Unione dovrebbe rispondere dei suoi atti agli elettori di «destra» o di «sinistra», assecondandoli nelle loro «istanze a volte ataviche e irrazionali», mentre così risponde delle sue decisioni soltanto a Dio e ai mercati globali, moderni avatar dell’interesse generale.

“Le nazioni devono rinunciare alla loro sovranità e lasciarsi scannare politicamente ed economicamente: per non scannarsi tra di loro. Parola di François Mitterand e dei due eredi d’Alexis de Tocqueville.

“Solo che Tocqueville, a differenza di questi suoi remoti discendenti, era un turista politico in visita negli Stati Uniti. Non era un funzionario del governo americano, e la sua analisi della democrazia negli Stati Uniti d’America, di cui lodava la passione per l’eguaglianza, era disinteressata, equa e imparziale, mentre Goulard e Monti sono parte in causa: lodando le istituzioni europee, imbrodano se stessi. Già questo suona minaccioso.

“Ancor più minaccioso è il disprezzo col quale liquidano le forme nazionali, superate, demodé della democrazia. Minaccia ulteriore è che, in Italia, il commissariamento rimane (nonostante tutto, a dispetto persino della stretta fiscale, dell’oblio toccato alla spending review e delle forme temerarie della neodemocrazia europeista) la sola strada percorribile; e non per colpa di Monti ma per colpa del governo Berlusconi”.